I cinque dipinti dell’Isola dei morti

Tra il 1880 e il 1886, Arnold Böcklin lavorò a una serie di dipinti rappresentanti tutti il medesimo soggetto: l’isola dei morti. Difficile capire a quale luogo si sia ispirato per una simile ossessione.

Il titolo originario del dipinto doveva essere Un luogo tranquillo, commissionatogli da Alexander Günther, misterioso mecenate, ma in una lettera del 19 maggio 1880 gli comunicava che l’isola dei morti era finalmente pronta. Questa prima versione, però, esercitò sul suo stesso autore un tale fascino, che egli non volle più separarsene e non gliela consegnò mai.

La prima versione de L’isola dei morti, commissionata da Alexander Gūnther

Con ogni probabilità, l’ispirazione nacque dalla visita nello studio di Böcklin a Firenze di Marie Berna, contessa di Oriola, da poco vedova. La donna gli chiese un quadro per sognare. L’ispirazione concreta, tuttavia, fu il probabile risultato di più luoghi che il pittore ebbe a visitare in quegli anni: il Castello Aragonese a Ischia, il cimitero dell’Isola di San Michele a Venezia e le necropoli rupestri etrusche. Io stesso ho vissuto per qualche giorno – mi è capitato anche questo – all’interno del cimitero di San Michele a Venezia: magari vi racconterò questa situazione in un altro post.

La stessa contessa di Oriola ne commissionò alcune varianti, mentre la terza versione, quella con il cielo più luminoso, gli fu commissionata dal commerciante d’arte Fritz Gurlitt nel 1883. È quella che abbiamo usato per la copertina del romanzo L’isola dei morti.

La terza versione de L’isola dei morti, commissionata da Fritz Gurlitt nel 1883

Fu proprio Fritz Gurlitt a stabilire una volta per tutte la denominazione di Isola dei morti per la serie dei dipinti. Questa terza versione del soggetto fu quella preferita da Adolf Hitler, che lo acquistò ed è oggi all’Alte Nationalgalerie di Berlino: nella roccia a destra sono conservate le iniziali A.B. del pittore svizzero.

La quarta versione, invece, andò distrutta durante la seconda guerra mondiale e ne conserviamo soltanto una fotografia, mentre la quinta versione fu eseguita su commissione del Museo di Belle Arti di Lipsia nel 1886.

Cosa dire della seconda versione? Prenda da inchiostrovirtuale: “Si differenzia dalla versione originale per pochi dettagli e, soprattutto, per la gamma cromatica che vira sul blu e sul giallo. L’isola appare quasi la stessa, solo più luminosa, gli alberi più nitidi; il cielo non è più grigiastro ma di un blu notte che, invece di rassicurare, è ancora più sinistro e forse era proprio l’intento di Arnold. Anche la barca presenta piccole divergenze con quella della versione precedente, così come la figura dell’uomo ai remi, che appare più slanciata e nitida.”

La seconda versione de L’isola dei morti (1880)

Nel romanzo L’isola dei morti, immagino che l’antropologo Andrea Nascimbeni, amico di Arnold Böcklin, abbia visto il pittore lavorare nel suo studio a Firenze alla terza versione dell’opera. Ne rimase così affascinato, da credere che l’artista avesse veduto di persona le sinistre strutture funerarie. Da lì prende avvio la vicenda del romanzo.


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