38 – Arte /1

Cos’è l’arte, a cosa serve? Ha una funzionalità, assolve a una qualche funzione oppure trova il suo senso solo in se stessa?

Penso che la definizione che ne ha fornito il grande artista Lucio Fontana sia quella più precisa: il ruolo dell’arte nel mondo è di ricordare sempre dove sta il bene. Attenzione, non cosa sia il bene o quale aspetto assuma nell’esistenza, ma dove esso stia. E lo fa in un modo molto semplice: offrendo un punto di confronto, un elemento di paragone. 

Per questo motivo, l’arte non deve ritrarre il bene, ma evocarlo, in modo diretto oppure indiretto, il che vuol dire che può farlo anche mostrando il male o il brutto (nella concezione classica, bene e buono e bello coincidono). 

Un’arte che voglia istruire è un’arte che ha fatto il suo tempo: oggi sarebbe quasi impensabile. Nel passato, l’istruzione di chi non sapeva leggere (in speciale modo di chi non sapeva o non poteva leggere la Bibbia) era affidata spesso al segno dei grandi artisti: non dobbiamo però confondere quel gesto, pittorico, scultoreo, musicale, letterario e altro, con un asservimento alla conferma di ciò che c’è, cioè dello status quo, ma si trattava sempre (o quasi) di un gesto che spingeva sempre un po’ più in là la comprensione di concetti dati, di categorie utilizzate magari in misura frusta e rifrusta. 

L’arte spinge l’asticella della comprensione del mondo. In riferimento al bene, come diceva Fontana. Perciò, è possibile cogliere un rimando implicito all’armonia del Divino in ogni manifestazione artistica che sia davvero tale: ciò che è conferma, invece, lo è solitamente di uno status deciso dall’umano nella sua pretesa autonomia, e ha una conseguente ricaduta su se stessa, senza portare mai fuori di sé, in un’estasi (ek-stasi, stare fuori) che è segno della presenza divina. 

E allora, diciamo qualcosa di più riguardante l’arte e l’estasi. Traggo dal mio Filosofia mistica della conoscenza, pubblicato per i tipi di Mimesis nel 2020.

Da un punto di vista dell’etimo, estasi è un “mettere fuori”, turbare al punto di portare fuori di sé, extra-condizione nella quale ci si ritrova grazie a una qualche opera o a un qualche evento artistico, movimento, questo del portare fuori di sé, che è per l’appunto ciò che l’arte è deputata a provocare nella persona. L’arte provoca l’estasi, e tale capacità di provocare l’estasi o, per meglio dire, l’estasi subita a motivo dell’arte è precisamente quel che ci mette nella condizione di poterne giudicare l’aspetto estetico: ora appare chiaro come tale aspetto estetico non possa ridursi unicamente a una questione superficiale di “immagine”, ma debba avere in sé delle dinamiche attinenti ciò che l’Essere Umano è nel profondo.

L’estetica è frutto di giudizio, l’estasi è frutto di passione: entrambe sono correlate con il campo d’azione di un soggetto che produce l’arte. L’arte, dunque, è un campo d’azione che produce una passione e che è assoggettabile a un giudizio. Questa potrebbe essere una definizione di massima di ciò che si può intendere per arte a un livello più alto di quello normalmente inteso dal senso comune.


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