Come sempre, innanzitutto la trama (da Wikipedia): Il romanzo è ambientato quasi interamente nell’immaginaria città di Castle Rock, nel Maine. Inizia con un riferimento a Frank Dodd, il vice sceriffo la cui violenza omicida è stata l’episodio centrale della prima parte di La zona morta. Resta il sospetto che Cujo sia appartenuto a Dodd. La caratteristica principale di questo libro è che, saltuariamente, il punto di vista proposto è quello del cane.
Cujo è un San Bernardo ed appartiene a Brett Camber, figlio del meccanico Joe Camber, che vive nella periferia di Castle Rock. Il cane viene descritto come docilissimo, di indole giocosa e amante dei bambini, al punto da farsi cavalcare dal piccolo Tad Trenton, figlio di Vic e di Donna Trenton (la famigliola protagonista della vicenda).
Tuttavia in una soleggiata giornata di giugno del 1980 (l’anno in cui si svolge il romanzo), inseguendo un coniglio selvatico, Cujo si ritrova con la testa incastrata in una piccola caverna infestata dai pipistrelli, e da uno di questi viene morso, contraendo così la rabbia. Da allora Cujo è vittima di una lenta e dolorosa trasformazione che si manifesta in lancinanti dolori concentrati principalmente nella regione cerebrale, e che gli causa terribili allucinazioni che lo portano a vedere tutti come nemici. Questo angosciante processo lo trasforma in un mostro aggressivo.
E qui mi fermo per non fare spoiler eccessivi.
Il modo in cui usa la favolistica all’inizio per introdurre il concetto e la possibilità di un male che non si sa da dove venga.
Il bambino ha una sorta di presentimento di ciò che accadrà, proprio come ce l’ha Vic, il padre, durante il suo viaggio di affari. È un gioco con le convenzioni del genere thriller o del genere horror, che però non scade nel cliché perché King sa sempre come usarlo in un modo non solo funzionale alla storia che racconta, ma anche in un modo tutto sommato originale. Cujo abbonda dei luoghi comuni tipici del thriller, che però diventano la vetrina del suo modo di lavorare, sempre alla ricerca di un nuovo modo di raccontare cose in cui tutti possono ritrovarsi. In questo sta la tempra di un vero scrittore. Parleremo in un altro video (o articolo) della differenza tra convenzioni di genere e cliché narrativi, perché vedo che in giro c’è molta confusione.
Il contrasto successivo di un grande male che si propaga a Castle Rock viene spiegato in modo naturalistico (nella diffusione della rabbia dai pipistrelli a cujo), ponendo fin dall’inizio i presupposti per l’ambito all’interno del quale esso si diffonde. E si tratta soprattutto di ambiti personali o famigliari. Qui non c’è un male che riguarda la comunità, ma è un male che ha a che fare con il rapporto tra l’essere umano in quanto cittadino e la società di cui fa parte: il matrimonio quale cellula sociale fondamentale è luogo di disgregazione; il commercio quale motore sociale è luogo di disillusione; la dedizione civica (militare) allo Stato è luogo di ribellione. Abbiamo perciò elementi che sono già stati presentati in altri romanzi, soprattutto del gruppo appartenente alle storie di Richard Bachman: modalità e argomenti di quella serie vengono qui ripresi e approfonditi secondo strade maggiormente orrorifiche. Anche se non c’è un vero e proprio soprannaturale, in Cujo, tutto il racconto iniziale è però disseminato di presentimenti e premonizioni e il male che viene trasmesso dai pipistrelli sembra quasi imparentato con il male che a Salem’s Lot si diffonde attraverso i vampiri. Salem’s Lot e Castle Rock sono, d’altronde, imparentati da una similare diffusione di un Male che è lì fuori, sì, ma che si propaga perché le persone lo lasciano entrare. Sebbene non si tratti di un romanzo horror in senso stretto, e non vi sia alcun soprannaturale esplicito, alla fine King suggerisce di non colpevolizzare Cujo, perché il Male in qualche modo si è impossessato di lui. Il Male, insomma, è lì fuori, come si diceva.
Interessante la favolizzazione degli animali dando loro pensieri e antropomorfizzandoli. Sembra avere a che fare più con le condizioni di salute mentale e fisica di King del periodo in cui ha scritto questo romanzo: lui stesso riferisce in On Writing (ISBN: 8882747530) come fosse ormai dedito all’alcool, e ammette di non ricordare le condizioni e le situazioni nelle quali scrisse questo romanzo (cf. p. 93). Si nota, in tutta la storia, questa nota di follia, per così dire, in una maggior libertà di congiunzione degli elementi narrativi, che riescono a ottenere effetti straordinari quanto alla quantità di spavento che riescono a trasmettere: un esempio su tutti, le prime due facciate del romanzo.
Un dato di fatto relativo al Male è il modo in cui King ne descrive la sua diffusione in questo romanzo: questo male si abbatte su chi è già vittima di una serie di mali, per lo più di origine economica o derivanti da un sogno americano infranto (attraverso la crisi energetica – i distributori che diventano Exxon come nazionalizzazione delle risorse energetiche – cf. Uscita per l’inferno, o attraverso la delusione della guerra in Vietnam, che trasforma la medaglia al valore di Gary Pervier ricevuta per una azione valorosa nella seconda guerra mondiale in posacenere: come a dire che non ne resta che cenere). Proprio Gary Pervier ha deciso di lasciarsi andare, di abbandonarsi al fato, affinché compia quanto pare sia stato già deciso altrove (cf. pagg. 40ss.)
Da un punto di vista della ambientazione viene per lo più utilizzato un luogo ristretto, l’interno della Pinto che Donna Cambers porta a riparare assieme al figlio che aveva avuto il presentimento dell’armadio, una soluzione narrativa che permette di concentrare al massimo le sensazioni di angoscia che la storia riesce a trasmettere.
Cos’altro dire, infine, se non che Cujo è una storia che di certo spaventa, ma che non possiamo abbandonare per nessun motivo? Oltre a vivere il punto di vista dei protagonisti umani, viviamo perfino anche quelli del cane, e alla fine siamo davvero accompagnati a riconoscere anche noi che il Male esiste, e che non si trova solo dentro le persone, o dentro un cane, ma che proviene da lì fuori, da qualche parte lì fuori.