Sentieri verso L’isola dei morti – 3 – Freud e Dalì

Tra le grandi personalità che rimasero affascinate dai dipinti di Arnold Böcklin intitolati L’isola dei morti vi furono anche grandi psicanalisti, come Freud e Jung, e il pittore Salvador Dalì.

Per quel che riguarda Sigmund Freud, è assodato che ne avesse una riproduzione nel suo studio, e forse più di una in tutta la sua collezione. Per suo tramite, pare che egli si avviasse nella ricerca dei desideri dell’inconscio, vedendo simboleggiati in elementi del dipinto aspetti della psiche che tendiamo a nascondere. D’altronde, il dipinto si inserisce nel filone simbolista. Chi è quella figura in piedi, avvolta in un bianco lenzuolo, l’anima che accompagna il defunto verso il luogo del riposo eterno oppure la morte stessa? Le caratteristiche stesse dell’isola, poi, suggeriscono che si tratti di un luogo di sepoltura, e non solo per la presenza dei cipressi, tipico albero funerario, ma anche per quelle rocce che la rendono un luogo isolato e privo di vita, quelle grotte scavate e quei blocchi monolotici, come già appartenenti a un altro mondo.

Carl Gustav Jung, poi, asseriva che l’immagine archetipica rappresentata dall’isola dei morti comparisse spesso nei sogni dei suoi pazienti. Un esempio di questa presenza è data dal caso del suo paziente Henry, descritto in L’uomo e i suoi simboli. Si tratta di un giovane ingegnere di 25 anni, che in un sogno vide una giovane donna interprete di una rappresentazione teatrale: essa “sosteneva un ruolo patetico, e indossava un vestito lungo e svolazzante”. Nel sogno Jung vide una rassomiglianza con la figura che si scorge nel dipinto “L’isola dei morti” che Henry conosceva benissimo. “La donna”, scrive Jung, “è la personificazione del lato femminile del giovane, e la connessione con ‘l’isola dei morti’ sottolinea l’atteggiamento depresso di Henry, che nel quadro trova adeguata espressione.”

Jung continua: “Il dipinto presenta una figura dall’aspetto sacerdotale, vestita di bianco, che guida verso un’isola una barca sulla quale è deposta una bara. In esso si manifesta, evidente, un duplice, significativo paradosso: la posizione della barca sembra suggerire una direzione inversa, «dall’» isola, e non «verso» l’isola; e la figura sacerdotale è di sesso indeterminato. Nella associazione di Henry tale figura è certamente di natura ermafrodita. Il duplice paradosso coincide con l’ambivalenza di Henry: gli elementi psichici «opposti» sono in lui ancora troppo indifferenziati per poter venire chiaramente distinti.”

Potere di un dipinto dagli aspetti simbolici così profondi e quasi pensato per opporsi al determinismo tipico del positivismo scientifico che all’epoca imperava.

Salvador Dalì propose la sua interpretazione dell’Isola dei morti di Böcklin con il dipinto intitolato  La vera immagine dell’Isola dei Morti di Arnold Böcklin all’ora dell’angelus. Eccolo qui sotto.

Salvador Dalì, dipinto del 1932

Appare quanto mai adatta un’interpretazione freudiana dell’opera: sulla sinistra vi è una tazza in piedi su una base cubica con un’asta sottile attaccata ad essa. Seguendo una possibile interpretazione freudiana, ogni cavità indica un principio femminile e ogni oggetto oblungo è interpretabile come un simbolo fallico. Decifrati come l’inizio di entrambi i sessi, questi elementi potrebbero essere la ragione per cui Dalì includeva il nome “Angelus” nel titolo, che di per sé non è né maschile né femminile. L’isola del dipinto ricorda vagamente l’isola di Böcklin. Infine, possiamo dire che anche nell’opera originale del pittore svizzero vi è un connubio di elementi femminili, la concavità dell’isola rocciosa e le grotte, avvolgenti e accoglienti, e di elementi maschili, i cipressi verticali, le vette aguzze e la figura in piedi sulla barca.

Certo, un’interpretazione freudiana è – trovo – sempre impoverente, ma in questo caso è forse possibile unificarla alla visione junghiana, per cui elementi sessuali rimandano a maggiori profondità dell’esistenza della persona.


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