Si tratta forse di un’abitudine moralistica, ereditata in parte dal cattolicesimo e in parte dalla psicologia, ma avete mai fatto caso che siamo abituati a pensare al concetto di gratificazione per lo più con un nascosto senso di colpa? Cerchiamo di capire meglio, però, quali sensi può assumere la gratificazione.
Partiamo dal latino: gratificatio significa “benevolenza”, “gentilezza”, “favore”. Qualcosa che si riceve in maniera (o si dona) in modo del tutto gratuito, libero. Significa, infatti, anche “liberalità”. Da dove arriva, perciò, quel significato leggermente declinato verso il senso di colpa di cui dicevamo, come quando, per esempio, affermiamo che a fronte di una mancanza affettiva riceviamo volentieri la “gratificazione” di un affetto qualsiasi, per esempio quello sessuale, che diventa così succedaneo di quello che non abbiamo ricevuto? Eccolo, l’affetto del cane e del gattino di famiglia, che si fa strada al posto dell’affetto dei figli non nati: una facile gratificazione?
Potremmo facilmente concludere che si tratti di una derivazione moralistica di matrice cattolica, il che può essere. È più probabile, tuttavia, che la matrice sia differente: protestante, anglosassone, quando non scientifica. La gratificazione nell’accezione anglosassone è la gratification: “il lavoro mi dà molte gratificazioni”, “le gratificazioni del successo”. Eccolo, il senso obliquo, il significato criticabile. Questo senso, infatti, deriva proprio dall’uso inglese della parola. A esso, però, si unisce il significato psicologico, scientifico: la gratificazione riempie il vuoto lasciato da un’assenza insopportabile. Da questo connubio di significati, nasce quel senso moralisticheggiante per il quale non sarebbe la cosa migliore per l’essere umano ricevere gratificazione dal proprio lavoro, per fare solo un esempio, quando tale gratificazione colmi il vuoto di una vita non vissuta pienamente. Un piacere succedaneo, questa gratificazione! Le vie della morale cristiana e occidentale sono piene di tali giudizi.
Eppure, la parola gratificazione ha per lo meno altri due significati. Vediamoli.
Gratificazione come espressione di sé. Scoprire che si è molto di più di ciò che ci si è sempre pensati o che gli altri hanno voluto farci credere, scoprire che la nostra esistenza ha molto da dire e da donare, molto da divenire, sbocciando sempre più come la pianta che da sempre si era designati a essere: il senso della gratificazione qui può essere pieno e pienamente corrispondente al primo significato che abbiamo veduto, quello originario, latino, di benevolenza verso se stessi. Mi voglio così bene, che divento sempre più me stesso o me stessa, e perciò stesso mi gratifico della mia esistenza e di ciò che sono.
Altro significato, gratificazione come creazione di qualcosa di nuovo. Questo senso è parzialmente collegabile a quello di “espressione di sé”. Abbiamo sempre la possibilità di concorrere liberamente alla creazione del mondo e della società attraverso ciò che siamo. La nostra libertà interiore va ad aumentare la libertà dell’insieme e la sua bellezza. La gratificazione, in questo caso, nasce dal definirsi secondo criteri di libertà e di novità. Ciò che è nuovo, infatti, se genuino è anche libero. Ciò che non ci rende liberi, di converso, non è affatto nuovo, ma risponde a una logica antica di oppressione.