Dopo aver scritto questo post sulla rigidità di chi è irriducibile nei confronti della vita e degli accadimenti, mi sono arrivate ovvie critiche, soprattutto da parte di no-vax e no-green pass. In effetti, citavo l’esempio derivante dalla situazione pandemica per chiarire quanto intendevo dire. Mi rendo conto che una precisazione è necessaria, prima di passare a riflettere su un altro elemento fondamentale per l’irriducibilità a qualunque posizione sensata, e cioè l’ignoranza.
Questione rigidità. Nel post facevo presente che la rigidità è legata a un’emotività in qualche modo incontenibile, che chiama in causa un’affezione particolare nei confronti di un determinato argomento. Nel caso della pandemia e dei no-vax e no-green pass, la diffusa incapacità di riflettere in modo realistico sui termini della questione è legata, dicevo, alla convinzione – consapevole o più spesso non consapevole – che il mondo ci sia ostile, nemico: una ferita che induce a credere che dal mondo e dalle sue espressioni più complesse ci si debba proteggere tramite una visione più facile da integrare nella propria rigidità di atteggiamenti.
Ciò che però non ho spiegato a sufficienza, è che la rigidità non è caratteristica solo dei no-vax e dei no-green pass, ma di qualunque posizione che tenda al contrasto massimalista: facevo riferimento ai due concetti di apocalittici e di integrati. Se vogliamo, anche chi usa sempre e solo la razionalità – aspetto dal quale mi sento spesso toccato personalmente – vive una rigidità, legata facilmente alla difficoltà nell’accogliere le emozioni forti, ritenute pericolose per la propria integrità. La rigidità degli irriducibili, perciò, non è caratteristica solo di chi si mostra irrazionale, ma anche di chi è al polo opposto dell’ellisse.
Questione ignoranza. Veniamo, adesso, a un’altra caratteristica degli irriducibili. Anche in questo caso, va inteso bene che cosa voglio dire con la parola “ignoranza”, poiché sono certo che suscita in molti una reazione infastidita. Ebbene, chi accetterebbe di sentirsi dare dell’ignorante?
Una prima precisazione: non uso il termine ignorante alla stregua di un insulto, ma nel senso più preciso di “colui che ignora qualcosa”.
L’ignorante è per me colui che, per volontà o per mancanza di mezzi o per mancanza di tempo, non ha potuto approfondire le tematiche di un certo argomento sul quale, invece, si ostina ad argomentare. Ammettere la propria ignoranza è assai difficile, e non perché non si voglia mollare l’osso, come fa un cane che ne ha trovato uno particolarmente invitante, ma perché spesso non ci si rende nemmeno conto che di quell’argomento non è opportuno dibattere, proprio a motivo della scarsità della propria preparazione.
Si tratta, spesso, di quel fenomeno che abbiamo conosciuto in questi ultimi anni, fomentato dai social media e dalla rete informatica: si leggono tante nozioni e ci si convince di saperla lunga. Peggio, ci si convince di poter comprendere appieno, a tutto tondo, un argomento che, invece, è materia di persone specializzate. Queste persone specializzate, arrivano a maneggiare la materia dopo anni, spesso dopo decenni, di preparazione, di studi e di pratica, così da poter comprendere non solo le conseguenze dirette di quanto si dice riguardo a un argomento della materia stessa, ma anche le conseguenze delle conseguenze e gli antefatti degli antefatti. Padroneggiare un argomento vuol dire non soltanto comprendere un testo e il suo contenuto (azione al giorno d’oggi già difficile per quello che si chiama analfabetismo funzionale), ma saperlo gestire secondo ciò che non è scritto in quel testo e che è, però, sostenuto dall’esperienza più ampia vissuta dalla rete degli studiosi di quell’argomento.
Esempio. Un matematico potrà pure comprendere ciò che dice un testo filosofico, ma non potrà mai comprendere appieno il testo filosofico come può fare un filosofo, a meno che non abbia egli stesso una preparazione in filosofia tale, da permettergli di maneggiare le conseguenze delle conseguenze di quanto affermato nel testo, e di comprendere gli antefatti degli antefatti. Questo vale per qualunque altra materia.
Ed ecco il punto nodale della questione. Ancora una volta, torno all’esempio della pandemia: quanta gente si è convinta di capire cosa sono i virus o come funzionano i vaccini (o, peggio ancora, come funziona la Costituzione Italiana) a partire da documenti e testi, spesso erronei, trovati in internet?
Molta. Troppa. E questo accade soprattutto per un motivo: anche l’ignoranza degli irriducibili si lega maggiormente e si fortifica al fuoco di un’emozione che chiama in causa un affetto vissuto in modo particolarmente intenso. Chi trova un contenuto adeguato alla propria ferita, alla propria affettività mascherata da irriducibilità, la promuove automaticamente a controprova della propria visione di vita.
Riconoscere l’ignoranza, però, è una bella cosa. Riconoscere la propria ignoranza è ancora più bello. Fomentare la propria e l’altrui rigidità in conseguenza di un’ignoranza propria o altrui che non si è in grado di riconoscere, invece, è diabolico.