Potrà sembrare strano volersi soffermare sulla sorpresa e, soprattutto, ritenerla partecipazione a quel gruppo di emozioni fondamentali aperto con il concetto di angoscia, seguito poi da nostalgia e da desiderio. È forse la sorpresa qualcosa di più che una reazione?
Questo è il principale motivo per cui ho pensato di approfondire anche la sorpresa: essa non è una mera reazione, bensì un’intera impostazione di fondo che è capace di riaprire l’essere umano tutto alle ricche possibilità del Divino, che si mostra in ogni aspetto dell’esistenza.
Sul piano etimologico, la parola deriva dal latino super-prehendere, che al participio passato diviene super-prehensus, e che significa “prendere sopra”, anche nel senso di “ingannare”.
Scoviamo, così, una prima sfumatura nel concetto: quando sono sorpreso, temo un inganno.
“Qualcuno mi sta prendendo in giro?”, mi chiedo sorpreso dallo scoprire che la realtà è diversa da come me la immaginavo. Ecco, proprio qui si annida quello scarto tra la realtà per come la immaginiamo – o, se volete, per come la ricostruiamo nella nostra mente, alla nostra razionalità – e la realtà per come inaspettatamente ci viene incontro.
Siamo noi a venir “presi dall’alto” da ciò che ci si manifesta essere diverso da quanto atteso: nei vocabolari è concetto connotato per lo più in senso negativo, laddove la negatività è relativa al fatto che si scopre la nostra mancanza di visione piena riguardo a qualcosa. Con la sorpresa, ci rendiamo conto che non avevamo uno sguardo completo sulla realtà.
L’essere umano si muove sempre tra polarità dell’esistenza che se lo contendono come se fosse il premio più ambito: il bene e il male lottano tra loro (certo, nelle narrazioni che facciamo della realtà, ma – di conseguenza – nella realtà stessa) per averci in pugno; la verità e la menzogna combattono giorno dopo giorno per assicurarci dalla loro parte e via dicendo, per ogni polarità di situazioni esistenziali che è possibile immaginare. La visione del reale che un essere umano è in grado di produrre a se stesso e agli altri è sempre parziale, e non perché abbia una cattiva volontà nel farsi un quadro adeguato delle cose. Certo, può esserci anche questo dato di fatto: la volontà è sempre un vessillo che viene ammainato nei giorni in cui la tempesta pare sedata, per una sorta di timore reverenziale che le cose possano cambiare da un momento all’altro, e viene invece posta in cima al pennone quando la tempesta soffia e rischia di farci affondare. Non tutto, però, va imputato a questa nostra facoltà così importante: la volontà non sempre è cattiva; spesso è solo debole.
Resta un fatto ben connotato: la visione dell’essere umano è quasi sempre parziale, e propende per l’uno o per l’altro di due poli tra i quali sempre si orienta. Ecco che, allora, la sorpresa giunge a ridestarci dal sopore in cui siamo caduti: c’è ancora una costa verde e ricca, che ci attende oltre la tempesta. La vedo laggiù, prima non me n’ero accorto! Ed ecco, inoltre, perché la sorpresa è sempre un segno di quel di più di cui è caratterizzata la vita di ciascuno.
Se l’angoscia ci pone di fronte al vuoto esistenziale della mancanza del Divino; se la nostalgia ci indica da che parte giunge questo vuoto, seppur sotto la metafora della vita quotidiana; se il desiderio ci spinge a riaprirci a qualcosa di più che la nostra mera esistenza quotidiana, spingendoci a guardare le stelle… la sorpresa ci conferisce quell’emozione tutta particolare che è capace di darci l’energia giusta per riaprire il nostro sguardo.