Per questa terza riflessione sull’argomento liturgia, mi soffermo su un tema che è fondamentale per il senso generale della liturgia stessa: la musica. Wittgenstein diceva che “la musica ci comunica se stessa” (in Libro blu e libro marrone). Se è così, che c’entra la musica con la liturgia?
Sebbene la musica possa in effetti comunicare se stessa, è indubbio che essa richiama anche – secondo la migliore tradizione ermeneutica – una nuvola di interpretazioni che ne restituiscono il significato, perché in realtà l’opera musicale significa solo grazie alle interpretazioni che se ne danno. Inoltre, non esistono interpretazioni corrette e interpretazioni erronee della musica, quanto, piuttosto, interpretazioni più o meno efficaci nel rendere l’opera, motivo per cui, per cogliere la validità di un’interpretazione è necessario far riferimento all’opera stessa. Per queste suggestioni devo ringraziare Alessandro Bertinetto e il suo bellissimo Il pensiero dei suoni (Bruno Mondadori, 2012).
E la musica liturgica, di quale interpretazione è suscettibile, se non di quella indicata dall’opera nella quale è inserita, che è l’azione liturgica nel suo complesso?
Guardate, la musica liturgica va considerata in riferimento principale al contenuto che vuole significare: ma questo contenuto, non è solo un “oggetto” che ci viene consegnato e del quale – al limite – potremmo anche non sapere che farcene o al quale potremmo assistere come fruitori superficiali di un’operazione musicale. Ho assistito a molte messe nel corso delle quali la musica, seppur bellissima, era sganciata dal senso complessivo di quelle celebrazioni, lì e in quel momento. Ciò vale tanto per la musica colta quanto per la musica popolare. Con un’aggravante: l’indifferenza del fedele all’intenzionalità di chi propone quella musica. Mettiamo in ordine le cose.
La liturgia trova il suo significato principale nella partecipazione esistenziale al mistero divino. Tale partecipazione esistenziale (tras)porta il fedele nell’ambito originario, quello Divino, per l’appunto, che per il cristiano è il momento in illo tempore della Risurrezione, momento nel quale la storia e l’eternità, l’inizio e la fine, si congiungono. Il fedele, perciò, non è mai spettatore ma attore tanto quanto il sacerdote. Attore di un’azione – che è l’azione di un intero popolo – che è collocata in un tempo sacro, separato da quello profano, e perciò fuori dal tempo e fuori, se per questo, anche dallo spazio, sebbene in tale azione il nostro tempo e il nostro spazio profano vengano sussunti, presi e traslati, nel significato dell’Unità Divina. La musica non può essere un qualcosa di esterno che si aggiunge a ciò che stiamo facendo, e non può nemmeno essere svilita a un significato inopportuno riguardo a ciò che si sta vivendo.
Adesso pensate alle canzonette alla chitarra, che riecheggiano motivi pop; oppure pensate alla Marcia nuziale di Mendelssohn, che seppur inserita in un matrimonio religioso, trova la sua origine nella narrazione degli sposalizi regali in Sogno di una notte di mezza estate. O ancora, pensate alle canzoni del Gen Rosso oppure alla KrönungsMesse di Mozart. Qual è l’opportunità di queste musiche in riferimento alla liturgia che si sta vivendo?
Si tratta di un interrogativo ineludibile: la musica nella liturgia ha una funzione principale, e non è quella di accompagnare provocando sentimenti, ma è quella di portare tutto l’essere umano nel senso della liturgia che si sta celebrando. Torna qui il significato che mettevo in luce nel post sulla musica: i primi filosofi pensavano che l’anima fosse fatta di aria, e Anassimene diceva che il soffio e l’aria tengono unito il mondo (frammento B2). La musica, essendo essa stessa aria e movimento che tramite l’aria si trasmette alla nostra fisicità, apre in noi e attorno a noi uno spazio e un tempo diversi, che può essere incline o meno a ospitare il significato della liturgia che si propone.
Questo è il semplice passaggio riflessivo che è necessario fare prima di proporre la musica nella liturgia. Perché il modo in cui noi fedeli parteciperemo alla liturgia stessa sarà tramite il corpo e i suoi movimenti, oltre che tramite la mente e le sue (eventuali, non dovute) riflessioni: danzare, alzarsi in piedi, sedersi, aprire le braccia, camminare in risposta alla musica all’interno della liturgia è interpretare la liturgia stessa, viverla di persona, partecipare al mistero divino che in essa è comunicato. Vogliamo lasciare questo aspetto fondamentale al caso?
Qui e qui puoi leggere le due precedenti riflessioni. Prossimamente, una quarta.