20 – Musica

“Bacco” – Leonardo da Vinci – 1510-1515

In occasione del Festival di Sanremo, vorrei parlare dell’origine della parola “musica”, mettendo in luce alcuni aspetti originari che, forse, pochi di voi conoscono.

La parola musica deriva dal greco musiké, cioè “delle muse”, in coppia con l’altra parola sottintesa, “arte”, techné, e quindi “arte delle Muse”. Le muse erano le ispiratrici delle arti, di tutte le arti, per lo meno a partire dal periodo alessandrino e in quello romano. Prima di Alessandro Magno, le Muse erano particolarmente legate alla danza e al canto.

Un’altra caratteristica di queste “divinità” dell’antica Grecia è quella di essere collegate a Dioniso, il dio della vegetazione e dell’estasi, della liberazione dei sensi e del godimento estetico, del fluire ricco e smisurato di tutto l’essere reale. Inoltre, le Muse furono venerate come ninfe delle fonti e delle acque per la prima volta sulle propaggini del monte Olimpo, in modo particolare nella Pieria, le sue propaggini orientali. Questa stessa zona, oltre che essere venerata per le Muse e per la presenza di Dioniso, era anche indicata come la patria del poeta Museo, uno dei “padri”, per così dire, della filosofia e del pensiero greco, anche se è situato ben prima che il pensiero si facesse logico e, per l’appunto, filosofico.

L’aspetto di divinità del canto e della danza giocosa, libera e felice, fu per molto tempo l’aspetto principale, donde il nome di “arte musicale” alla capacità di gestire e organizzare i suoni secondo schemi prefissati.

Provate, adesso, a pensare a cosa è in grado di fare la musica: non è forse capace di portarci in un mondo differente (per lo meno la buona musica), di creare una situazione esistenziale diversa nella quale ci sentiamo più completamente noi stessi? Ebbene, questa caratteristica fondamentale fu colta fin dall’inizio, tant’è vero che ci sono due aspetti che vorrei mettere in evidenza:

1 – la musica era per i Greci quell’arte che è in grado di trasformare l’aria in qualcosa che trasporta l’anima dell’uomo oltre i sensi, letteralmente, di portarlo all’estasi (ek-stasis, stare fuori di sé), che è proprio la caratteristica attribuita al dio Dioniso;

2 – inoltre, del poeta Museo si dice (cf. Diels-Kranz “Museo” B4) che “abbia asserito che dall’Uno derivano tutte le realtà e in quello stesso principio si risolvono”.

Cosa vuol dire, in modo particolare il punto 2? Che ogni cosa singola fa parte del Tutto (se volete, potete chiamarlo “ambito del Divino”) e che ogni singola cosa è destinata a tornare a questo Tutto (cioè al Divino).

Ciò che fa la musica, è proprio portarci fuori di noi per ricongiungerci con il Tutto prima che sia arrivato il momento in cui lo faremo per sempre: la musica è un tornare alla divinità, un ritrovarci unificati con noi stessi, un riuscire a superare le divisioni interiori grazie al mondo che la musica stessa ci prospetta.

Com’è possibile che la musica sia in grado di fare una cosa del genere? Non voglio dare spiegazioni psicologiche, ma filosofiche, perciò mi rifarò ancora una volta alla filosofia. Secondo una testimonianza antica, infatti, i primi filosofi (Anassimene, Anassimandro, Anassagora e Archelao – cf. Diels-Kranz “Anassimandro” A 29) pensavano che l’anima fosse fatta di aria e che, addirittura,

come la nostra anima, che è aria, ci tiene assieme, così il soffio e l’aria tengono unito il mondo (cf. Diels-Kranz “Anassimene” B2).

La trovo una bellissima immagine: la nostra anima, fatta di aria, è ciò che ci permette di unirci al mondo e di tenere unito il mondo, e la musica non ha altro scopo che quello di farci gustare (o, se volete, pregustare) questa unificazione totale e definitiva con il mondo.

Forse questo è il motivo per cui, quando ascoltiamo una canzone, abbiamo l’impressione di non trovarci più dove siamo.


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