Oggi proviamo a interrogarci sul significato profondo legato al ricominciare, al rigenerare qualcosa e se stessi: l’inizio di un nuovo anno porta con sé un carico di significati che per lo più passano inosservati. Ecco il mio breve approfondimento filosofico.
Ogni tipologia di rituale umano ricorre a un modello divino, un archetipo posto al di fuori della sfera profana, che legittima gli atti umani. I riti imitano gesti divini o episodi del dramma sacro del cosmo, facendosi ripetizione e attualizzazione del tempo in cui accaddero.
Nella storia culturale e cultuale di ogni popolo della Terra, la natura viene formata, controllata, modellata e resa preziosa per la sua partecipazione a un archetipo o per la ripetizione di gesti e parole che la consacrano. Gli esempi riportati dal famoso antropologo Eliade in Il mito dell’eterno ritorno sono molteplici, dal piantare la croce come consacrazione della zona e nuova nascita secondo la volontà del re d’Inghilterra, nuovo cosmocrator, allo stanziamento in una zona sconosciuta come atto di creazione (vedi gli atti di conquista coloniale nelle Americhe da parte dei conquistadores); dalla riconosciuta efficacia di certe erbe a motivo della loro scoperta in un momento cosmico decisivo a un incantesimo contro una malattia, che necessita richiamare la storia della malattia stessa o del demone che si ritiene averla provocata.
Ciò che però è per me più significativo è, oltre il riferimento all’archetipo, il ritorno al tempo mitico in cui gli eventi accaddero per la prima volta.
La sacralità del rito è relativa non solo allo spazio, che viene delimitato secondo differenti modalità legate all’ampiezza di ciò che viene concepito come sede del divino, ma anche al tempo. Il tempo dello spazio sacro è sempre tempo sacro e, in quanto tale, è proprio quel tempo specifico posto nel mito, «cioè quando il rituale è stato compiuto per la prima volta da un dio, da un antenato o da un eroe», come evidenzia Eliade.
Il tempo viene abolito tramite l’imitazione dell’archetipo, tramite la ripetizione di gesti paradigmatici. Il tempo profano e la durata vengono sospesi e l’essere umano si ritrova nell’epoca mitica in cui quegli archetipi furono rivelati la prima volta. È la storia stessa a venir sospesa. Il rito opera sì un passaggio al tempo mitico, ma con lo scopo di una rigenerazione che avvia un nuovo processo temporale. Risalire al tempo mitico o della nascita dell’archetipo è passo fondamentale per dare nuovo ordine al caos. Si ha così la compresenza di una concezione ciclica e di una concezione non-ciclica, segnata da eventi unici. Se da un lato “tutto ricomincia dal suo inizio a ogni istante”, dall’altro vi è la realtà di eventi accaduti una volta per tutte. Un caso su tutti è costituito proprio dall’evento Gesù Cristo, cui tuttavia si fa riferimento rituale per una ciclicità forse indispensabile alla vita quotidiana dell’essere umano. Fateci caso: è anche la situazione vissuta con l’anno della pandemia di Covid19, in riferimento alla quale diviene importante il senso del passaggio al nuovo anno, sottolineato oltretutto dalla simbologia della “luce” legata alla presentazione del nuovo vaccino.
Provate a pensare proprio al nostro Capodanno: sembrerebbe possibile rinvenire una doppia mentalità. Una è di tipo temporale ciclico, con il preannuncio delle stesse eventualità già vissute in passato. Non solo le feste religiose, ma anche quelle civili e, perché no, quelle pubblico-culturali tipiche di ogni popolo. Fateci caso, la settimana “rituale” del Festival di Sanremo è esattamente una di queste. Ma è ravvisabile anche una mentalità che non corrisponde a quella di un ciclo continuo, ma che si caratterizza per la sua unicità, per l’aver segnato il suo passaggio nella storia una volta per tutte. Vogliamo parlare ancora una volta della pandemia? Per quanto il 2021 che è entrato possa essere l’anno della risoluzione, e perciò doppiamente significativo, o anche – speriamo di no – un anno peggiore dal punto di vista delle vittime rispetto a quello passato, l’anno della pandemia sarà sempre il 2020, segnato per una eccezionalità che non accadeva da un secolo.
Quello di rigenerazione diventa, perciò, un concetto che porta con sé i segni di quanto abbiamo vissuto e di ciò che di completamente nuovo ci attendiamo nel prossimo futuro.