Il sacro è ciò che è separato. Deriva dal latino, sacer, ma l’origine è probabilmente indoeuropea: ne troviamo traccia nell’accadico (dove saqāru vuol dire “invocare la divinità” e sakāru “interdire, sbarrare”) e nel sanscrito (sacate vuol dire “seguire, adorare”). Il sacro è, perciò, anche ciò cui si è uniti.

Potrebbe sembrare una contraddizione. Del resto, siamo talmente abituati a pensare che il sacro riguardi qualcosa di differente da ciò che caratterizza la vita di ogni giorno, che lo riteniamo un termine designante quel che è totalmente altro, per definizione, cioè: il Divino. Alcuni ragionamenti, però, possono mostrarci come la nostra stessa realtà quotidiana sia esattamente l’ambito del sacro. Ogniqualvolta ci occupiamo della nostra vita, sotto ogni singolo aspetto, abbiamo la possibilità di vivere nel “sacro”.

Una caratteristica del sacro, segnalata con grande forza da Rudolf Otto, è la sua tremenda majestas, una grandezza insita in ciò che il sacro segnala capace di incutere timore, spavento, perfino stordimento, una maestosità il cui “tremendum” ci mette spesso in fuga. Faccio due esempi, anzi tre. Il primo è tratto dal Vangelo di Marco; gli altri due, dalla vita di ognuno.

Finale del Vangelo di Marco (mi riferisco al finale della probabile redazione iniziale del Vangelo), dove si dice come reagiscono le donne che si recano al sepolcro di Cristo (Mc 16,5-8): “5Entrate nel sepolcro, videro un giovane, seduto sulla destra, vestito d’una veste bianca, ed ebbero paura. 6Ma egli disse loro: «Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l’avevano posto. 7Ma andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro: “Egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto”». 8Esse uscirono e fuggirono via dal sepolcro, perché erano piene di spavento e di stupore. E non dissero niente a nessuno, perché erano impaurite.” Le donne hanno capito che è accaduto qualcosa di enorme, qualcosa di totalmente diverso rispetto alla morte umana che si aspettavano. La loro reazione di fronte a questo evento – che è sacro proprio perché totalmente differente – è la fuga in preda allo spavento.

Primo esempio dalla vita: la morte di una persona cara. La tipica reazione di fronte a una simile morte, è una generale incredulità che ci porta a rifiutare la sola idea che quella persona non ci sia più. Si tratta di una vera e propria fuga da una realtà dolorosa, perché non si vorrebbe mai provare una tale privazione. Ma ancora di più, è una fuga di fronte al terrore per ciò che di totalmente differente dalla vita, la morte rappresenta. La morte è qualcosa di totalmente altro rispetto alla vita e non c’è logica alcuna che tenga in relazione al tentativo di comprenderla come parte della vita (e la spiegazione che la morte è la privazione della vita è una narrazione favolistica tanto quanto dire che il morto va in cielo). Molto semplicemente, la morte non fa parte della vita, e sarebbe bene imparare (o tornare) ad accoglierla, piuttosto, come vera e propria espressione del sacro nella vita.

Secondo esempio dalla vita: perché non mi si accusi di parlare unicamente della morte, pensiamo a un grande evento positivo. Per esempio, una vincita milionaria al Superenalotto. La tipica reazione di un essere umano di fronte a un simile accadimento è il disorientamento. La vita assume un significato e un sapore totalmente diversi, perché l’improvvisa enorme ricchezza che modifica la quotidianità, mostra di colpo che l’esistenza può essere del tutto imprevedibile. Può serbare eventi, passaggi o trasformazioni che mettono ogni nostra scelta in una luce differente. In psicologia, si conosce molto bene il disagio provato di fronte alla possibilità del successo: la reazione a tale possibilità è spesso la fuga. Proprio come di fronte alla morte. Proprio come di fronte alla tomba del Risorto.

Pensateci a fondo: quante situazioni viviamo nell’arco della settimana o del mese, per le quali ci rendiamo conto di essere pervasi da un sottaciuto timore (o tremore), il quale denota che le cose vanno diversamente da come vorremmo? Ebbene, quel tremore è il segno che ogni singolo momento della nostra quotidianità può essere pervaso esso stesso dal sacro. E ciò che è totalmente altro può “accadere” nella nostra esistenza.

D’altronde, non è stato forse Gesù, con la sua resurrezione ma ancora di più con la sua incarnazione, ad aver abolito ogni differenza tra sacro e profano?

2 risposte a “30 – Sacro”

  1. Avatar 31 – Rito – Fabrizio Valenza – il sito

    […] dopo aver riflettuto sul Natale e sul concetto di sacro, non ci rimane che approfondire quello di rito. Potrebbero esserci delle sorprese, a partire dalla […]

  2. Avatar 32 – Rigenerazione – Fabrizio Valenza – il sito

    […] della sfera profana, che legittima gli atti umani. I riti imitano gesti divini o episodi del dramma sacro del cosmo, facendosi ripetizione e attualizzazione del tempo in cui […]

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