Ci sono alcune tecniche che permettono che il racconto fantastico acquisisca una profondità che fin troppo spesso manca alle narrazioni nostrane, in modo particolare a quelle fantasy. Si basano tutte sul concetto di paradosso espressivo. Vediamole.
Paradosso 1 – È reale ed è irreale. Quando si scrive narrativa fantastica, il modo migliore per ottenere un risultato credibile dalla narrazione, capace di tenere il lettore incollato alla pagina, è di dare per scontato che quanto si sta raccontando stia accadendo veramente. Potrà sembrare ovvio, ma per pochi scrittori è davvero così: già l’idea che si sta scrivendo all’interno di un genere è, spesso, motivo di insincerità, prima di tutto nei propri confronti. Si scrive come se si fosse in una camera chiusa, dove è stato ricreato un microcosmo. Invece, bisogna scrivere come se si abitasse il mondo reale. Tuttavia, è necessario anche sapere che ciò che si sta scrivendo è del tutto irreale nelle sue cause e dinamiche proprie, interne al genere, perché solo questa consapevolezza permette di rispettare la coerenza necessaria alla verosimiglianza propria del genere.
Potremmo dire: essere dentro e fuori dal genere.
Paradosso 2 – Emozionarsi e non emozionarsi. Quante volte si è sentito affermare che lo scrittore dev’essere il primo a credere in ciò che sta scrivendo? È assolutamente vero: lo scrittore deve avere, soprattutto, molto chiare le emozioni da voler trasmettere al lettore, perché l’emozione che l’autore proverà mentre scrive un dato brano si riverserà sul lettore, tramite un sofisticato esperimento di trasmissione del pensiero, chiamato buona scrittura. Tuttavia, è fondamentale che a partire dalla seconda stesura, l’autore si faccia feroce verso ciò che ha scritto e che non si lasci avvincere da una sorta di sentimentalismo nei confronti della propria creazione. Se ci sono pagine brutte, brani orribili, vanno tagliati senza dubbio. Per farlo, è necessario un distacco che nella prima stesura è impensabile.
Ovvero: l’autore è possessore, non padrone, del proprio scritto.
Paradosso 3 – Fantastico e non fantastico. Chi scrive narrativa fantastica ha un dovere improrogabile: conoscere l’altra narrativa fantastica. Non dico che, per esempio, chi scrive fantasy debba aver letto tutto il fantasy, anche quello infimo, quanto, piuttosto, che deve aver letto almeno quelli che sono considerati capolavori del genere (vi assicuro che sono molto pochi!) e sapere da dove arrivano e cosa c’era prima d’essi. Soprattutto, però, l’autore di narrativa fantastica deve essere ben consapevole che sta maneggiando una narrazione fatta di simboli, di archetipi e di miti. Eppure, mai come per lo scrittore di narrativa fantastica è anche importante dimenticarsi che si sta scrivendo… narrativa fantastica. Già, l’autore fantasy – in modo particolare – deve raccontare la vita del suo mondo come se fosse la vita del mondo reale, naturale, in cui ha sempre vissuto. Il che vuol dire solo una cosa: scrivere come se non fosse un autore di narrativa fantastica.
Cioè: l’autore di genere è un autore mainstream.
Credo che questi tre paradossi narrativi siano alla base di ogni buona narrazione, ma che per la letteratura fantastica siano ancora più importanti. Avete mai fatto caso a quanta serietà è contenuta nelle fiabe della tradizione popolare?
Perfettamente d’accordo. Mi piace questa cosa che hai sottolineato del bisogno di realismo nel fantasy, potremmo quasi dire di verismo. Molti autori emergenti secondo me sbagliano quando cercano di ficcare l’epicità e un certo aulicismo in ogni fase della storia che stanno raccontando, quando invece dovrebbero puntare di più sull’evidenziare la quotidianità di certi aspetti fantastici della loro ambientazione
Esattamente così.