33 – Memoria

Colgo l’occasione della Giornata della Memoria per approfondire il significato di questa parola che, come tante altre, rischia di perdere la sua pregnanza a causa del notevole uso. Forse scopriremo anche in questo caso qualcosa di interessante.

Affidiamoci innanzitutto al vocabolario: memoria è la capacità degli organismi di mantenere la traccia degli influssi e degli stimoli esterni. In riferimento all’essere umano, tuttavia, possiamo dire qualcosa di più specifico: la memoria è la capacità di trattenere eventi, situazioni, emozioni, sentimenti, pensieri, considerazioni e tutto ciò che abbiamo vissuto in prima persona e che è entrato a far parte della nostra storia personale.

La memoria diventa, così, una facoltà che, nel caso dell’uomo, è una capacità tra le più importanti: a motivo della memoria, l’essere umano conosce la propria direzione, perché a partire dalle tracce del passato si crea un’aspettativa del futuro, e questa direzionalità, passato-futuro, stabilisce la freccia del nostro tempo interiore. Accade così che, in alcuni casi, vi siano persone che vivono più una direzione presente-passato anziché quella passato-futuro, aperta alle nuove possibilità. Poche, però, riescono a vivere il momento centrale, il presente, senza che esso diventi una direzione presente-presente, cioè senza che si trasformi nel vivere alla giornata, nell’incapacità di pensare a se stessi all’interno di una storia complessiva che acquista il suo senso non solo sulla base di ciò che si è vissuto, ma anche di ciò che si pensa faccia parte di noi e ci caratterizzi.

Il senso del tempo, infatti, è strettamente legato all’esperienza che la nostra coscienza fa dell’esistenza in cui è immersa, e così, fare memoria diventa un costruire, rammemorando, la propria identità.

L’identità (riguardo alla quale potete leggere qualcosa qui) è un aspetto della nostra personalità sempre in trasformazione, ed è quella in riferimento alla quale possiamo prenderci la responsabilità delle nostre azioni. Fare memoria di noi stessi, perciò, fare memoria delle nostre azioni, delle nostre decisioni e delle nostre caratteristiche personali, senza dimenticarle di fronte alla prima difficoltà, diviene un dato importantissimo, imprescindibile, della nostra capacità di essere veri e sinceri, con se stessi e con gli altri.

Ecco che, perciò, iniziamo a capire cosa significa fare memoria. Un primo significato è relativo alla capacità di costruire sempre più noi stessi. A questo tipo di memoria faceva riferimento Agostino quando scriveva le Confessioni, quel capolavoro dell’epoca tardo-antica che tanto ha cambiato la storia della letteratura occidentale, facendola di fatto diventare letteratura dell’interiorità. Si fa memoria, perciò, per costruire, per fondare la nostra storia.

Un secondo significato, però, è relativo alla capacità di seguire il retto sentiero. Ora, non c’è essere umano più disgraziato di quello che non è capace di imparare dai propri errori, situazione peraltro molto diffusa, soprattutto al giorno d’oggi. Come dice il salmista, di fronte all’essere umano si presenta una biforcazione, con un sentiero che conduce all’empietà, la via dei peccatori, e che fa sì che si sieda assieme agli stolti, e un altro sentiero che invece conduce alla legge del Signore, che va meditata giorno e notte.

Non vorrei credeste che stia parlando di un fatto meramente religioso: è vero, ho citato il Salmo 1 dell’Antico Testamento, ma il mio modo di intendere la religione è pensandola come un legame dell’essere umano con il Tutto, un legame che è sempre “sacro”, seppur non in modo per forza confessionale. Il nostro legame con il Tutto è “religione”. Chi impara a fare memoria, sceglie di camminare (non sempre, me ne rendo conto, e questo è il mistero dell’iniquità) verso la legge del Signore, che medita giorno e notte. In altre parole, sceglie di essere sempre più se stesso. Così facendo, costruisce una solida identità personale, sempre disposta a mettersi in discussione di fronte alla verità del mondo e del Tutto.

Cosa ha a che fare tutto questo con la Giornata della Memoria? Permettetemi di rispondere con un’altra domanda: come possiamo pensare che la nostra identità personale sia un affare solo nostro, in un soliloquio individualistico, anziché – come è nei fatti – il frutto dell’incontro tra me e il mondo nel quale vivo?

Tagliare fuori della mia identità, in maniera ostinata (vedi xenofobie e razzismi vari), il differente che c’è attorno a me, significa tagliare fuori il differente che è dentro di me. In breve, si diventa una pietra sempre più pesante. La Giornata della Memoria ha la principale funzione di ricordarci che come tutti un tempo vivemmo un esodo dalla nostra culla di nascita, così vivemmo anche l’orrore della violenza altrui. Tutti, nessuno escluso.


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