Bruciare tutto, di Walter Siti

sitiHo letto l’ultimo romanzo di Walter Siti, Bruciare tutto, che tante polemiche ha suscitato soprattutto in seguito alla “stroncatura” che ne ha fatto Michela Marzano, seguita poi dalle critiche di alcuni giornali. Mosso dalla curiosità, mi sono procurato prima Exit strategy (non avevo mai letto nulla di Siti), per poi approdare alla sua ultima fatica. Ecco quello che ne penso, sempre che vogliate saperlo.

Premessa necessaria e, secondo me, importante: sono un cattolico praticante, insegno Religione Cattolica nella Scuola dell’Infanzia, perciò ho a che fare con bambini dai 2,5 ai 6 anni. Lo dico per contrastare fin dall’inizio l’idea invalsa in alcuni che il romanzo di Siti possa suscitare la pregiudiziale opposizione di chi – eventualmente – è cristiano, cattolico ed educatore. Detto questo, procediamo.

Innanzitutto, una sorpresa: la scrittura di Siti è estremamente piacevole, una straordinaria scoperta. Il suo stile si inserisce nel solco di quelle scritture post-moderne che amo, un poco in stile Wallace, debitrici di Joyce e di Faulkner, e che senz’ombra di dubbio lo elevano all’altezza dei migliori scrittori esistenti. Qualcuno ha parlato di stile difficile: può darsi, ma tale difficoltà dipende molto probabilmente dall’impreparazione della maggior parte dei lettori a un tale livello. Qui e qui ho cercato di approfondire l’argomento della facilità e difficoltà nella narrazione.

L’argomento scabroso: il prete pedofilo. Allora, che la pedofilia sia ancora considerato un argomento scabroso è ovvio e necessario, sebbene Siti mostri degli aspetti da un lato scontati (e, vorrei dire, da “sparo sulla Croce Rossa”) e dall’altro meno ovvi, forse quelli maggiormente capaci di suscitare una discussione. Cioè: il prete pedofilo è forse una facilitazione nella quale lo stesso Siti è caduto. Si sarebbe potuto leggere di un insegnante pedofilo, di un padre di famiglia importante, di un famoso psicologo, e l’effetto sarebbe stato lo stesso. Certo, il sacerdote presenta tutta una serie di ulteriori côté d’approfondimento, cioè il suo rapporto con la verità, il suo rapporto con la sincerità della propria vocazione, il suo rapporto con la religione, il suo rapporto con i più deboli, argomenti che spiccano in modo particolare proprio perché lui è un sacerdote. Ma non sono del tutto convinto che il medesimo effetto non lo si sarebbe ottenuto con altre figure. L’aspetto, invece, meno ovvio è dovuto ai desideri sessuali del bambino di 10 anni e al suo suicidio: improbabile il secondo, da intendere bene il primo. I bambini hanno la loro sessualità, fuor di dubbio, e possono anche avanzare delle richieste. Ma tali richieste, sia ben chiaro, non sono “sessuali”, sono richieste d’affetto, di solito esplicitate in forma fisica attraverso il contatto, che però veicola il significato di vicinanza. Nel romanzo, il bambino parla come un adulto – anche se non sempre – e come un adulto chiede al protagonista Leo, il sacerdote, di potergli toccare il pisello. Insomma: certezze e dubbi sui due protagonisti del romanzo.

Però: l’argomento scabroso non è, secondo me, il vero centro della storia. La pedofilia non è argomento nuovo e, forse, solo in Italia può far parlare così tanto, spostando l’attenzione dal vero nucleo argomentativo del romanzo: la società italiana, che ne esce a pezzi. La Milano in cui tutto funziona è un tessuto talmente disgregato, che si fa davvero fatica a rintracciare una linea continua di normalità, o di quella che un tempo avremmo considerato normalità. La parte triste della faccenda è che, a leggere la narrazione avvincente di Siti, sembra di leggere la realtà, ma si termina il romanzo domandandosi: è davvero questa l’Italia? Per una sua parte (considerevole? minoritaria?), sì. Per ciò che riguarda me, invece, no, e se il no vale per me, sono portato a credere senza presunzione che valga anche per buona parte della popolazione rimanente.

Sono casi estremi, quelli di cui parla Siti, sono situazioni del tutto particolari, messe assieme per raccontare una storia nella quale, per “bruciare tutto” al rogo di convinzioni personali incancrenite, alla fine si distrugge tutto. E questo è l’aspetto più significativo della sua storia.

Un ulteriore aspetto: il prete. Leo non è un sacerdote ordinario, nel senso che è uno che ha una coscienza molto accesa, un coraggio di parola e una consapevolezza del proprio ruolo fuori dall’ordinario, purtroppo assente in molti preti. Tuttavia, a stento ho riconosciuto nel suo personaggio un vero prete. Forse ci sarà qualche prete che pensa come pensa lui, ma sembra che, in fin dei conti, Leo sia un prete “per sbaglio”, mentre Fermo, il parroco anziano, appare come un prete vero e proprio, molto più simile alla realtà (realtà che rimane quasi sempre ai margini di questo romanzo).

In definitiva, Bruciare tutto è una bella lettura, perciò, ma anche problematica, dove l’aspetto che tanto è stato contrastato da certi media è probabilmente uno dei meno importanti del romanzo.


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