
Ispirato da questo post di Giulio Mozzi, ho pensato di approfondire il tema del facile/difficile, semplice/complesso in relazione al fantasy. Iniziamo.
Semplice attiene al numero di elementi; facile alla possibilità di comprensione.
Complesso attiene al numero di elementi; difficile alla possibilità di comprensione.
Semplice è ciò che ha pochi elementi; facile è ciò che viene capito subito.
Complesso è ciò che ha molti elementi; difficile è ciò che viene capito successivamente.
Semplice può anche essere difficile: perché pochi elementi possono essere talvolta capiti solo successivamente. Facile può anche essere complesso: perché molti elementi possono anche essere capiti talvolta subito.
Semplice può trasformarsi in complesso: se ogni elemento semplice contiene in sé il simbolo di una complessità. Facile può trasformarsi in difficile: se ogni elemento facile non è ciò che sembra.
Anche il semplice che in realtà è complesso può rimanere semplice se chi legge non coglie quella complessità. Anche il facile che in realtà è difficile può rimanere facile se chi legge non coglie ciò che il facile potrebbe sembrare.
C’è un complesso che in realtà è semplice: quando esso contiene solo fuffa.
C’è un difficile che in realtà è facile: quando esso contiene solo fuffa.
Fuffa è un concetto semplice per chi lo capisce; fuffa è un concetto difficile per chi non lo capisce. Ma fuffa può essere un concetto complesso, se chi lo usa lo estende ad elementi eterogenei. Fuffa può anche essere un concetto facile, se chi lo usa accomuna gli elementi cui fuffa si riferisce.
Facile e semplice, così come difficile e complesso, non sono concetti omogenei: si riferiscono a realtà completamente differenti. Eppure la confusione è grande.
Il ragionamento che ho effettuato in apertura di articolo è facile o difficile? È semplice o complesso? La risposta è facile: tale ragionamento apparirà facile a chi è abituato alla complessità, mentre apparirà difficile a chi è abituato solo alla semplicità. In questo caso, la complessità si scontra con la capacità di cogliere il significato immediato. Inoltre: il ragionamento d’apertura è fuffa oppure no? La risposta anche questa volta è semplice: sarà fuffa per chi pensa che il ragionamento sia inutile, non lo sarà per chi pensa che invece sia utile.
Proviamo a renderlo ancora più utile (sì, io penso che il ragionamento d’apertura sia utile, sebbene le categorie utile/inutile siano del tutto differenti da quelle di cui ho parlato finora): applichiamolo al genere fantasy.
Il signore degli anelli è un romanzo facile o difficile? Semplice o complesso? La risposta che mi viene da dare è che sia facile quanto alla lettura, per l’ampia possibilità di comprensione che presenta, mentre penso che sia complesso in quanto offre un incredibile numero di elementi, simbolici e no, su cui poter ragionare. Allo stesso tempo, Il signore degli anelli diviene difficile nel momento in cui si accede all’ambito simbolico della scrittura. Se si applica un ragionamento teso a comprendere i significati del romanzo, non si finisce più. Lo stesso ragionamento si può applicare alla saga della Torre nera di Stephen King, laddove il continuo riferimento ai suoi romanzi, e perciò ad altre storie, rende complessa una storia in sé lineare e piuttosto semplice. La complessità, poi, aumenta notevolmente nel momento in cui si arriva al termine e si scopre che la dinamica del racconto è ciclica. In che modo è possibile pensare tutto ciò che è stato narrato alla luce del fatto che la fine corrisponde all’inizio?
Interroghiamoci adesso sugli epigoni del romanzo principale di Tolkien: la fiumana di romanzi che più o meno esplicitamente vi si ispirano, appartiene alla categoria deL semplice o del complesso? È facile o difficile? Se guardiamo l’aspetto del solo scrittore, potremmo dire che una storia può essere facile o difficile, semplice o complessa, a seconda di come l’autore decide di posizionarsi in riferimento al proprio progetto di scrittura. Ma se guardiamo anche il côté dell’editore, molto probabilmente la storia “dovrà” essere facile, oltre che semplice. Questo perché è molto più facile vendere un romanzo facile, ovvero di immediata comprensione, piuttosto che difficile. È, molto più facile vendere un romanzo semplice, ovvero lineare, che complesso.
Le case editrici italiane, non so quelle estere, spingono ultimamente verso la facilitazione e la semplificazione. Così facendo, non aiutano la crescita degli scrittori in erba, che cresceranno nella convinzione che un romanzo funzioni quando è facile e semplice.
Ma il fantasy (e il fantastico), più di altri generi, si presta alla complessità.
Tuttavia, più di altri generi, esso richiede di essere facile, perché la complessità di un mondo che non è il nostro e che sia anche difficile, non funzionerebbe. Il romanzo fantasy è molto più abbordabile se la storia fila liscia: la complessità sta nella ricchezza simbolica che il romanzo fantasy può offrire. Eppure, il romanzo fantasy è anche sempre più facile e sempre più semplice. Dove è finito il vero grande romanzo fantasy che ti permette di vivere in un mondo completamente diverso, ma che nello stesso tempo è anche un romanzo complesso, capace di riscoprire tutti i livelli di esistenza propri dell’esperienza del lettore?
Ovviamente, tutto ciò che ho detto non ha nulla a che vedere con le categorie di bello e di brutto: spesso, ciò che è semplice è molto più bello di ciò che è complesso. Talvolta, però, ciò che è facile è un facile di grande bruttezza.
Una risposta a "Alla ricerca del fantasy perduto"