In un articolo precedente, proponevo un test giocoso (ma non troppo) per capire se siamo sul punto di credere a una qualche teoria del complotto. In un altro, spiegavo che il fondamento di ogni teoria del complotto è instillare il dubbio, con una conseguenza particolare: l’onere della prova è a carico di chi condivide le narrazioni mainstream. Oggi vorrei riflettere sul perché si crede nei complotti.
Farò riferimento a tre motivi che possono spiegare come mai chi crede nei complotti non sia liquidabile con un’etichetta sgradevole, cioè quella di essere “stupidi”. Anzi, risulterà forse chiara l’importanza di affrontare l’argomento, senza lasciarlo cadere. Per il bene del fedele all’idea di complotto.
1° motivo: controllare l’imprevedibile per gestire l’ansia.
La pandemia che attraversiamo ci ha immersi in modo improvviso in qualcosa che, tuttavia, era prevedibile: un’emergenza a livello planetario. Narrazioni di ogni genere hanno da sempre svolto una funzione importante, cioè quella di anticipare possibilità ritenute però improbabili. Film sulla fine del mondo o su disastri inenarrabili, romanzi su epidemie violente e incontrollabili (consiglio per esempio di leggere L’ombra dello scorpione di Stephen King), hanno da molti decenni delineato la possibilità di un dramma a livello planetario. La pandemia di Covid19 non è certo il primo dramma a livello planetario, ma ci eravamo disabituati a un’emergenza che coinvolgesse interi continenti e miliardi di persone, per lo meno dal termine della seconda guerra mondiale. Per noi che siamo cresciuti nella relativa tranquillità del benessere occidentale degli ultimi settant’anni di storia, era particolarmente difficile accettare che potesse accadere qualcosa di tanto pernicioso. Eppure, è accaduto. Abbiamo dovuto reimparare a far fronte a simili sfide. Tra l’altro, bisogna dire che tutto sommato ce la stiamo cavando. Non ci sono più le decine di milioni di morti che altre pandemie del passato hanno mietuto. Ciò non toglie, però, che l’ansia sia montata e continui a montare, in chi è interiormente più debole come in chi è più forte.
L’ansia è dovuta alla difficoltà di capire quale male potrà colpirci di qui ai prossimi mesi. Non potendo anticipare, il nostro essere, il nostro corpo, la nostra mente ci dicono che dobbiamo stare in allerta. Ma gestire l’ansia è cosa molto complicata, soprattutto se nessuno ci ha insegnato a farlo (e normalmente, abbiamo ricevuto un’educazione per lo più basata sulla psiche e non sul corpo, cui invece appartengono le emozioni).
Delineare uno scenario che ci aiuti a spiegare l’origine della pandemia nei suoi elementi, per quanto immaginari, permette alla mente di calcolare possibili vie d’uscita e, perciò, di mitigare l’ansia.
Non si tratta, però, di una mitigazione definitiva, perché sotto sotto, anche il complottista più rigido sa di raccontarsi delle storielle. Se gli elementi di partenza della spiegazione che ci diamo sono fantasiosi, le possibili vie d’uscita sono di conseguenza fantasiose.
2° motivo: la proporzionalità tra causa ed effetto.
Sembra incredibile che un cosa minuscola e invisibile possa provocare un disastro a livello planetario. Per questo motivo, la mente tende a cercare spiegazioni che siano per lo meno proporzionali agli effetti che è costretta a misurare. Se non altro, un aspetto positivo c’è: il complottista finisce per riconoscere la situazione drammatica in cui ci si trova tutti, sebbene non voglia riconoscerne lo statuto “normale”. Deve pensare che le cause siano, per l’appunto, proporzionali. Chissà quali evoluti laboratori scientifici hanno operato con modernissime tecnologie (si pensi all’idea di aver manipolato il codice genetico di virus che colpiscono solo gli animali allo scopo di attaccare gli esseri umani per una qualche guerra biologica; oppure all’idea che tramite il vaccino ci venga inoculato un qualche microchip per controllarci; o ancora che tramite i normali vaccini ci si inoculino metalli pesanti con lo scopo di debilitarci e, attraverso la malattia, controllarci)! Chissà quali accordi segreti tra capi di Stato sono stati siglati, ovviamente senza firmare nulla e senza lasciare traccia, con lo scopo di assicurarsi il dominio sulle popolazioni inermi! Chissà quali organizzazioni segrete, designabili attraverso gli aggettivi “big” e “deep” (BigPharma, DeepState, ecc.), sono al lavoro per soggiogare l’umanità! E dire che già nell’Ottocento c’era stato uno scrittore che aveva immaginato che una cosa minuscola e invisibile fosse in grado di sconfiggere la più grande crisi militare di tutti i tempi (nella fattispecie, Wells ne La guerra dei mondi). Forse non è nemmeno un caso che proprio da quel romanzo sia stata tratta una pièce radiofonica da Orson Welles, capace di terrorizzare milioni di persone.
3° motivo: la necessità di semplificare un mondo sempre più complicato.
Sembra incredibile, ma una grande quantità di informazioni, anziché rendere migliore la vita delle persone, tende a complicarla, perché diventa fondamentale una capacità che, in realtà, è piuttosto assente: la capacità critica, cioè quella capacità di contestualizzare le informazioni che riceviamo e di capire se sono affidabili oppure no, e fino a che punto lo sono. In questo, i social network hanno gioco facile, perché sono la principale fonte di confusione, dal momento che danno voce a tutti. Ma al di là di questo, l’unica via per uscire dalla complicazione quando non si è in grado di gestirla, è scegliendo narrazioni più semplici e capaci di colpire l’emotività, perché – e questo è un dato fondamentale:
si crede a una storia solo quando ci colpisce emotivamente.
La semplificazione dev’essere, perciò, capace di legarsi all’emotività della persona. Attenzione, stanno attentando ai tuoi cari, li vogliono uccidere. Attenzione, stanno attentando ai tuoi figli con cose immonde. Attenzione, vogliono toglierti la salute. Attenzione, vogliono buttarti sulla strada e toglierti ogni cosa.
E così, di fragilità in fragilità, si finisce per dare il proprio assenso alle teorie del complotto.