La consolazione, esperienza tanto ricercata in questi giorni di afflizione continua. Ma cos’è, la consolazione? È un appagamento, una soddisfazione superficiale, venga da qualunque parte purché venga, oppure è qualcos’altro?
Da un punto di vista etimologico, “consolazione” deriva da con e solus, “insieme” e “intero, ma anche soddisfatto”: confortare insieme. Il risultato della consolazione è quello di “alleviare la solitudine, il dolore, l’assenza”. Chi consola, dà una soddisfazione intera, piena, stando insieme. Quello “stare insieme” è parte imprescindibile del concetto di consolazione.
La famosa “Consolazione della filosofia” fu scritta dal filosofo Severino Boezio tra il 523 e il 524 mentre era in carcere: la Filosofia appare in persona all’autore, portandolo a riflettere su cosa sia la felicità, quella vera, sull’universo e sul male, su quale sia la differenza tra tempo ed eternità e, soprattutto, sul rapporto tra ciò che Dio sa di noi e della nostra esistenza e ciò che noi, di conseguenza, possiamo pensare di agire nella libertà. Consolazione, perciò, come accompagnamento della Sapienza, che viene ricercata e, dunque, non una “consolazione” facile e superficiale, bensì una riflessione profonda su ciò che è essere umano e su ciò che di divino vi è nell’essere umano.
La consolazione può essere uno strumento spuntato o uno strumento tagliente: nelle mani di un grande filosofo, come era Boezio, è di certo una taglierina capace di separare i significati delle cose e della realtà, così da trovare quanto di più profondamente vero può esserci per l’animo, e trarne giovamento. Nelle mani di gran parte di noi è, invece, uno strumento spuntato, che stuzzica e reitera desideri e bisogni “vecchi”, trovando soddisfazioni fatiscenti e precarie.
D’altronde, il periodo che viviamo è così difficile, da spingere le persone verso una maggiore sincerità verso se stesse: chi cercava soddisfazioni leggere, incapaci di riempire a fondo, continua ancora oggi a trovare qualcosa che non è in grado di consolare veramente, se non per breve periodo. La consolazione può essere, perciò, un’illusione ingannatrice nel momento in cui chi la cerca non è disposto a mettersi in questione, a discutere le proprie posizioni, ma preferisce continuare a utilizzare lo stesso armamentario che ha preceduto questo o altri periodi difficili.
Sono, tuttavia, convinto, che la consolazione possa essere lo stimolo migliore per tentare di migliorare noi stessi, partendo dalla conoscenza delle nostre emozioni al momento più evidenti: la paura, il senso di smarrimento, l’insicurezza. Queste possono essere dei mostri da respingere o degli interrogativi che, pur facendoci star male, ci spingono a intraprendere strade mai affrontate in passato. E non importa quanto difficile possa essere la situazione nella quale ci troviamo, perché una simile consolazione giunge a far compagnia a chiunque si predisponga a farlo.