19 – Obiettività

Argomento spinoso e difficile, l’obiettività. La si vorrebbe ricondurre a questione di contenuti certi, mentre invece ha a che fare soltanto con la logica.

Uno degli elementi dell’obiettività è probabilmente la sincerità. La sincerità è la consonanza del comportamento con il proprio pensiero, che porta a una coerenza nel modo di comportarsi con sé e con gli altri. Tuttavia, ci si può domandare fino a che punto sia possibile essere sinceri, e non perché qualcuno ce lo impedisca, ma perché molto spesso nemmeno noi conosciamo fino in fondo i nostri pensieri. Ci convinciamo, tramite un io ideale, di pensarla in un certo modo, e poi, di punto in bianco, di fronte a una situazione che finisce per metterci in imbarazzo, ci ritroviamo a dover ammettere che non siamo disposti a vivere secondo l’immagine che ci eravamo fatta di noi stessi.

Questo accade perché ciascuno di noi tende a proiettarsi secondo un’idea decisamente più bella e piacevole, per noi e per gli altri, di quanto non siamo in realtà.

Ciascuno di noi ha quello che la psicologia chiama “falso sé“ ma che io preferisco chiamare “fantasma di me stesso“: una serie di narrazioni con le quali riusciamo ad accettarci e a farci accettare. Cambiano, poi, i tempi e cambiamo anche noi, e di colpo possiamo accorgerci che questo fantasma non va più bene: smascheriamo il nostro falso sé.

Come è possibile gestire, perciò, l’obiettività delle nostre opinioni, tirati come siamo da una parte e dall’altra nel fare i conti con quelle novità che scopriamo di noi stessi? L’obiettività finisce per essere carente innanzitutto verso l’immagine che abbiamo di noi. In questo modo, come sarà possibile essere obiettivi con gli altri? Non saranno forse i nostri pensieri e i nostri giudizi, nei confronti degli altri e delle cose che viviamo, sempre viziati da un desiderio che mai riusciamo a concretizzare fino in fondo?

Il principio alla base dell’obiettività è l’indipendenza dall’osservatore, per cui una cosa – o, addirittura, una persona – sarebbe definibile in maniera certa e completa, senza che l’osservatore possa apportare una qualche modificazione sostanziale. Eppure non è mai così: tutto esiste perché è osservato e tutto esiste per dei soggetti.

L’obiettività, questa è la scioccante realtà delle cose, non esiste, se non in un mondo ideale, dove sia possibile definire ogni cosa o ogni persona indipendentemente da chi osserva, e perciò in modo indipendente da chi esiste.

Tuttavia, una domanda finale: se noi, se nessun osservatore dovesse esistere, le cose esisterebbero ancora? O, semplicemente, sarebbero?


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