Per diventare scrittore – 3

Felix Vallotton – “Feneon at La Revue Blanche” – 1896

La terza fase è caratterizzata da un elemento irrinunciabile della scrittura: la solitudine.

La seconda fase caratterizzata dall’imitazione, infatti, terminò quando dalle profondità dell’anima emersero forme rielaborate delle precedenti esperienze, di vita e di letteratura. Tutto ciò che avevo vissuto, si era andato trasformando nel segreto, forse grazie all’impostazione narrativa che avevo dato al mio modo di relazionarmi al mondo, e adesso, di colpo, emergeva sotto forma di una storia nuova, che non avevo mai scritto e che non avevo nemmeno mai letto.

Anzi, finalmente emergeva una storia che avrei potuto leggere solo se raccontata da me. Storia di Geshwa Olers.

Iniziai a scriverla nel novembre del 1999, e fin dall’inizio mi resi conto che si trattava di qualcosa che aveva una parte di antico e una parte di nuovo. La parte antica era quella relativa alle mie dinamiche interiori: questa nuova storia esprimeva comunque il mio desiderio di esprimere emozioni e sentimenti, ed era certamente una storia scritta innanzitutto per me, come nelle fasi precedenti, ma c’era una struttura nuova, c’erano idee che non avevano nulla a che fare con tutto quello che avevo tentato in passato. A darmi la certezza che si trattasse di una fase nuova, fu proprio la sensazione di scrivere finalmente la storia, anzi, LA storia, un racconto che mi avrebbe portato da qualche parte. E non si trattava più di imitazione.

Tuttavia, ci sarebbero voluti anni perché questo si concretizzasse in qualcosa. Man mano che creavo il mondo nel quale ambientarla, e che mi inventavo popoli, geografia, lingue e usanze, storie antiche e storie nuove, tutto parte della grande ambientazione in cui far muovere i miei principali protagonisti, i due amici Geshwa e Nargolìan, la narrazione andava allargandosi e capivo, poco alla volta, che avrei dovuto lavorare per anni. Ancora una volta la pazienza era fondamentale, ma emerse un’altra caratteristica del mio lavoro, che compresi solo poco alla volta.

La solitudine: per scrivere sono necessarie la solitudine e la capacità di gestirla. Anzi, si potrebbe dire che la narrazione è proprio la gestione della solitudine personale.

  • Per questo motivo è così importante essere fisicamente da soli, quando si scrive. La stanza, l’ambiente in cui si lavora diviene estensione della propria mente.
  • Non si può scrivere avendo qualcuno che ti gira attorno ed è indispensabile che questo qualcuno, eventualmente, comprenda quanto sia importante che lo scrittore venga lasciato da solo.

Mi ritagliavo spazi e giornate intere, fine settimana interi nei quali dedicarmi alla stesura di quella storia, isolandomi dalla mia famiglia, isolandomi dagli amici. I primi tre volumi originari (che sono gli attuali I, V e VI, ma questi sono dettagli che possono interessare solo a un nerd della scrittura come me) richiesero otto anni di lavoro. Li feci leggere al mio circolo ristretto di amici letterati, ottenni pareri e ottenni consensi e ottenni bocciature, ma tutto mi aiutò a migliorare e a modificare la storia. Poi, decisi di condividere i capitoli del primo volume su una piattaforma di condivisione online (non mi ricordo più come si chiamasse…).

E lì iniziò la quarta fase, per certi versi gloriosa, per altri avvilente. Ve la racconterò nella prossima puntata di questo percorso.


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