Nell’accezione comune, anzi, oserei dire: nella vulgata che va per la maggiore, la sardina è un pesce in qualche modo sbiadito. Certo, dal sapore pungente e acceso, è tuttavia un alimento che viene usato in occasioni limite.
Quando non si ha nulla di particolare in frigorifero, magari rimane una scatoletta di sardine. Quando si è dispersi in mare, una lattina di sardine può salvare la vita, ma è per l’appunto un pasto estremo, che raramente si consuma per piacere personale. La sardina è a tutti gli effetti un elemento scomodo tra gli alimenti.
Ci si potrà chiedere cosa c’entri la sardina con il Dizionario delle parole usurate. Andando a fondo di questa preziosa parola e del simbolo che essa rappresenta, nonché del cibo reale, si potrà scoprire cos’ha in serbo per la nostra società ormai “sciapa”. E forse ci renderemo conto che di sardine sotto sale c’è gran bisogno!
Lasciatemi, allora, cominciare, indicando una fantasiosa etimologia dell’isola di Sardegna, capovolgendo un poco le cose: tralasciamo le reali, seppur non ben identificate, origini del nome (i Greci c’entrano comunque molto, in un modo o nell’altro, così come i Fenici, poco i Romani), e accediamo a un piano immaginifico, affermando il contrario di ciò che è a livello temporale. La Sardegna si chiama così perché terra circondata da un mare pescoso di sarde. Ebbene sì, secondo tale gioco, la Sardegna deriva il suo nome dal fantasioso pesciolino che tanto ha da riservare all’essere umano affamato, e non il contrario, come vorrebbe corretto uso di un dizionario etimologico.
Una parte del prezioso influsso del pesciolino sulla vita dell’uomo giunge dal fiabesco: Cenerentola vede partire il padre che la lascia alle malevoli cure della matrigna per un lungo periodo (per lo meno nella versione italiana della fiaba, che è quella originaria, ed è di Basile), e a chi può chiedere aiuto, la povera ragazza, dalle angherie della matrigna, se non alle fate del Regno di Sardegna, terra popolata nelle sue grotte da molte janas? Solo lì c’è la soluzione dei suoi problemi e sono più che certo che sia una soluzione in qualche modo legata anche alle umili sardine, delle quali i mari sardi son pescosi.
Giungiamo così a una non minore, e ben meno fantasiosa, accezione del termine “sardina”, ed è questa: è quel pesce particolarmente muto e silenzioso, forse ben più di altri pesci tronfi, quale il pesce palla, o di pessima fama, quale il barracuda, o, ancora, di nessun sapore, quale il nasello. La sardina è del tutto differente: saporita, è silenziosa e rispettosa, e di solito si muove a banchi, in gruppo e, quando passa, lascia stupito l’occasionale spettatore per lo sbarluccicante flash vispo e colorato che è in grado di spezzare la monotonia monocolore che regna nei nostri paludosi fondali.
La sardina, ancora una volta, è in grado di nutrire la vita democratica di un popolo affamato di cibo realmente sostanzioso, che chiede di essere uguale a tutti gli altri popoli civilizzati.