Per diventare scrittore – 6

“Sbarcare il lunario. Cronaca di un iniziale fallimento”, di Paul Auster, è una lettura fondamentale per comprendere le difficoltà di un grande scrittore. E se le ha avute lui…

L’ultima fase sul mio percorso di scrittore è, per il momento, quella che contempla la sincerità totale con se stessi.

Dicevo al termine del precedente post, come per riformularsi in quanto scrittori sia quasi sempre necessario abbandonare la strada intrapresa per iniziarne una nuova. Sempre attinente la scrittura, sempre con la penna in mano, ma che ci permetta di porci con un atteggiamento diverso nei confronti delle cose. Nel mio caso è stata la filosofia. Quando iniziai a elaborare filosofia, non feci altro che raccogliere tutte le riflessioni disseminate nell’arco dei miei precedenti trenta anni, e unificarle in un unico modo di parlare delle cose, in un’unica visione della vita e del mondo in cui vivevo. Così facendo, però, mi obbligai a cambiare prospettiva e a indossare degli occhiali del tutto nuovi (per usare un’immagine trita e ritrita, che però ben rende l’idea): e, sorpresa, questi occhiali nuovi mi permisero di vedere molto meglio ciò che avevo sempre fatto e ciò che avrei dovuto fare.

Essere me stesso, fino in fondo. Non c’è peggior nemico della scrittura di un Io (o, se volete, di un Ego) che è diventato enorme.

Il passo che mi ha aperto un nuovo mondo è stato, di conseguenza, rendermi conto che avevo gonfiato questo Io, che potrei definire anche “Io scrittore”, con un ideale che non corrispondeva più alla mia reale misura. Quando questo accade, si corrono due rischi. Vediamoli:

  • di credersi molto più di ciò che si è, con il risultato di offendersi per nulla nel momento in cui qualcuno ci fa una critica, ed è esattamente quello che accade, basta guardarsi attorno;
  • di impedirsi la possibilità di crescere ulteriormente.

Per fortuna, le batoste ricevute in merito alla scrittura furono tali e tante da costringermi a interrogarmi senza fine sul perché non riuscissi a ottenere ciò che volevo ottenere. Da quando avevo pubblicato l’ultimo romanzo horror (Trasmissione inversa, Dunwich Edizioni), mi ero ripromesso di non pubblicare più se non avessi trovato un grande editore. Ecco una grande idealizzazione di sé, direte voi. Invece, fu l’esatto contrario. Perché per arrivare a pubblicare con un grande editore, è necessario imparare alla scuola dell’umiltà. Vi spiego in che modo.

  1. Innanzitutto è necessario cercare un agente letterario, perché i grandi editori sono praticamente irraggiungibili con le proprie forze. La prima cosa che feci fu, perciò, provare a guardarmi attorno per capire se ci fosse qualche agente letterario disposto a leggermi. Mi capitò di trovare in rete l’annuncio che il grande Giulio Mozzi avrebbe dato la possibilità di presentarsi, in quel di PordenoneLegge, a dei volenterosi autori che si fossero presi la briga di presentare il proprio lavoro in cinque minuti. Non persi l’occasione, mi iscrissi e andai a presentargli un nuovo romanzo. Gli piacque, iniziammo a lavorarci e poi le cose si interruppero. Ciò nonostante, il suo apporto e il confronto (seppur breve e occasionale) con un esperto di tale statura, mi ha permesso di fare un grande salto verso la serietà professionale. Mi sono bastate poche sue parole per rendermi conto di molte cose che non andavano in ciò che io ormai consideravo un mestiere acquisito: la mia pratica doveva ancora crescere, e di molto. Non bastavano certo i 15 romanzi pubblicati a fare di me uno che è capace di scrivere sufficientemente bene da non poter crescere.
  2. Dopo questa esperienza, che comunque si troncò inaspettatamente, mi risolsi di contattare agenti letterari a go go, riuscendo ad avere risposta solo da due… agenti editoriali. L’agente editoriale è un intermediario ulteriore tra l’autore e l’agente letterario. Potrebbe, perciò, sembrare che si tratti di un inutile ulteriore passaggio. E invece, qui sta il bello: quando dico che è necessario imparare alla scuola dell’umiltà, intendo dire che si tratta di capire che ci sono molti professionisti che possono aiutare a crescere, e soprattutto che è necessario crescere, in ogni momento, se si vuole arrivare a raggiungere i propri obiettivi. In modo particolare, uno di questi agenti, Chiara Beretta Mazzotta, mi è stata di grandissimo aiuto, perché mi ha permesso di maturare fino in fondo quella crescita professionale e quell’attenzione al testo che di certo mancava fino a quel momento.

Ho pagato? Sì, ho pagato. I professionisti vanno pagati. E se si vuole crescere, è giusto essere disposti a investire su se stessi. L’umiltà necessaria a crescere comprende anche la disponibilità a impiegare delle risorse economiche personali per ottenere uno scopo che si ritiene fondamentale. L’importante è selezionare nel modo più accurato tali investimenti.

Qui si conclude il mio percorso, per il momento. Con l’elaborazione di nuove strade e la preparazione, faticosa, passo dopo passo, di un cammino che è ancora in divenire, ma che – sono certo – porterà a nuovi frutti.

Quando giungerà il momento della fase 7, lo saprete. Vi aggiornerò sull’ulteriore passo che non può che essere una delle due seguenti possibilità:

  • abbandonare tutto. Pare brutto, lo so, ma va detto che c’è sempre la possibilità che si comprenda come la scrittura non faccia per noi. Non è il mio caso.
  • l’approdo alla professionalità definitiva, dove la scrittura diventa elemento imprescindibile non solo della propria vita (cosa che è già), ma anche del proprio portafoglio.

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