Siamo abituati a pensare che la parola comprendere, comprensione, indichi la capacità di capire qualche cosa. Niente di più sbagliato.
Se guardiamo, infatti, all’aspetto etimologico, la parola comprendere è utilizzata innanzitutto per indicare la capacità di “accogliere all’interno di un certo spazio“.
La comprensione è comprensione dell’intelligenza solo a un patto: che non si consideri ciò che viene compreso alla stregua di una verità oggettiva. La verità oggettiva, infatti, non esiste, perché non esiste nulla che si possa adeguare a una definizione. Ci sarà il momento in cui affronteremo anche il significato profondo (e non banale) del concetto di verità.
Al momento, ciò che è sufficiente capire è che pensare a una verità oggettiva è una modalità banale di pensare alla verità stessa.
Affinché si comprenda qualcosa, questo qualcosa va abbracciato, va accolto in sé e vissuto rendendolo parte della vita. Di qui l’ovvia conseguenza: non si può pensare di riuscire ad accogliere tutto tra le proprie braccia, perché non tutto è a misura delle nostre braccia. Comprendere non è un’impresa titanica e lo scopo della comprensione non è di portare il mondo sulle proprie spalle.