Le domande sono fondamentali per crescere e di crescere non si deve smettere mai. Questo anche quando l’editoria sembra remare contro la buona volontà – e, perché no, le buone capacità e doti – dell’autore.
Continuiamo a farci domande, lo dico in quanto scrittore che parla e si confronta senza sosta con altri scrittori. Nella fattispecie, in questi ultimi giorni, con due scrittori in particolare, Antonia Romagnoli e Marco Davide. La situazione per la quale gli editori sembrano cavalcare l’onda di ciò che ha successo (e che quasi sempre giunge dall’estero), in questo avvallati dalla apparente sudditanza di una comunità di lettori che soggiace alle indicazioni che arrivano dagli editori stessi (i quali, però, rimandano spesso la responsabilità ai lettori, che chiederebbero “le solite cose di successo”), abbatte il più delle volte perfino gli autori dotati non solo di buona volontà, ma anche di capacità, spinti in questo modo a interrogarsi su cose che, in una situazione normale, non dovrebbe divenire motivo di dubbio su se stessi.
E allora io dico: continuiamo a farcele, le domande, ma alcune risposte fondamentali diamocele comunque. Una su tutte: le categorie di emergente e di affermato sono strettamente connesse alla pubblicazione, motivo per cui è assurdo che divengano afflizione degli scrittori stessi. Il diffuso pregiudizio relativo agli autori che vendono moltissimo – come King e la Rowling – e che impedisce ai più di cogliere la qualità intrinseca a quei testi, è rivelativo di una realtà che comunque esiste, quella in cui migliaia di libri di scarsa qualità vendono moltissimo, più di quanto si meriterebbero. Un simile meccanismo è inevitabile, ma induce a scrivere per raggiungere i medesimi risultati. E questo sì che è evitabile, perché lo scrittore può scegliere cosa mettere in un testo e come metterlo. Addirittura, uno scrittore può decidere di lasciar perdere… se si rende conto di essere non uno scrittore, bensì uno scribacchino.
Tuttavia, una simile dinamica che definisco “malata” è colpevole di sferzare senza fine gli scrittori che – se stessimo alla pura logica – dovrebbero meritare pubblicazioni con editori capaci di spingerli per bene, e altro. Facciamo un esperimento: proviamo a guardare un libro dalla coda della sua catena idea-stesura-pubblicazione-distribuzione-lettura e chiediamoci se sia davvero meritevole di pubblicazione.
Me ne capitano ovviamente tanti tra le mani, ma solo una piccola percentuale rimane nei miei ricordi. Non che il mio giudizio sia oro colato, però credo di avere una discreta capacità di riconoscere se un libro è davvero meritevole di pubblicazione oppure no. Il fatto triste è che, a tutt’oggi, molto pochi lo sono davvero e ancora meno di questi pochi sono meritevoli di essere considerati originali. La gran parte poteva essere risparmiata, oppure lasciare il posto a tutti quei meritevoli che invece non vengono degnati della giusta considerazione.