Il blog è morto, viva il blog!

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Mi sono fatto un giro al K.lit di Thiene, svoltosi il 7 e l’8 luglio, primo grande evento a livello europeo dedicato totalmente (o quasi) al blog letterario. Molte le proposte, valida offerta per chi voleva riflettere sullo stato delle cose in Italia relativamente al web 2.0 e alle sue connessioni con la letteratura.

Mi ha colpito scoprire che, detto con estrema sintesi, il blog vecchia maniera è una forma d’utilizzo della rete ormai morta, soppiantato com’è dal web 2.0 e… dalle guerre di blog. Confusi? Cerco di spiegarmi meglio.

Dalle tavole rotonde cui ho assistito, è risultato come sia necessaria una destrutturazione della scrittura narrativa per come l’abbiamo conosciuta fino a oggi attraverso i mezzi classici, con lo scopo di renderla un conglomerato di azioni, reazioni e riflessioni maggiormente malleabile alla volontà del lettore. Il lettore è il vero protagonista della nuova rivoluzione informatica. Si deve ancora compiere a livello di internet ciò che è già avvenuto in altri ambiti, quali il teatro, il cinema e la letteratura cartacea. I blog letterari oscillano ancora tra una mera riproposizione in chiave digitale di un mondo letterario già esistente fuori rete e un mero sperimentalismo che svuota le narrazioni di contenuto. Devono ancora trovare la vocazione specifica che tenga conto del mezzo tecnologico con cui si esprimono. Un problema riguardante non solo i blog, ma anche gli “ebook”.

L’impressione generale è che nel web si debbano ancora prendere bene le misure tra blog, recensioni e dibattiti, e che il blog letterario sia a uno sviluppo ancora solo iniziale, suscettibile di un approfondimento notevole. La definizione blog letterario unisce negli intenti ciò che nei fatti è ancora diviso.

Questo si è percepito molto bene anche in varie tavole rotonde. O si è posto l’accento sul medium, sulla nuova tecnologia in grado di stravolgere la modalità narrativa tipica della carta stampata e dell’oggetto libro, nei confronti del quale è stata più volte rivendicata l’alterità, o si è messo in luce soprattutto l’aspetto letterario, trasformando un dibattito attraversato dalla possibilità di una novità in una normale e non indispensabile tavola rotonda come tante altre, perfettamente (o forse meglio) inseribile in una rassegna letteraria che nulla avesse a che fare con il web 2.0. Anche quando si sono chiamati in causa fenomeni tipici del web di nuova generazione, quali la struttura di post + commenti, o il fenomeno ormai molto diffuso grazie ad aNobii, GoodReads etc. della recensione da parte di utenti, i giudizi sono sempre stati tranchant, segnando una difficoltà da parte delle figure editoriali sia di nuovo che di vecchio stampo, blogger, agenti letterari, editor e consulenti editoriali che fossero. Trovare una mediazione che non faccia più riferimento al concetto di autorità tra chi viene comunque percepito come una figura di tipo autorevole (lo scrittore o il blogger di lungo corso) e chi recensisce il libro dello scrittore o commenta i post del blogger è impresa ancora ardua.

Il vero polso della situazione è arrivato dagli interventi di blogger ormai affermati, di direttori o collaboratori di siti letterari che ormai sono istituzione. Emerge un mondo di blog che in Italia ha già perfino conosciuto un declino. Il momento d’oro del blog italiano è passato, ma se ne sta affermando un altro, quello del blog letterario, per l’appunto.

Bisogna mettere sul piatto alcune considerazioni, senza le quali non credo sia possibile alcuna ulteriore riflessione sull’eventuale sviluppo di questo nuovo ambiente web. Il lit blog è cresciuto per importanza soprattutto grazie all’influsso del web 2.0 e dei social networks. Tutti i maggiori blog letterari sono creati grazie all’apporto di molti blogger, che confluiscono in entità tra loro differenziate. Il filosofo Empedocle diceva che il simile conosce il simile. Io aggiungo che, inoltre, il simile cerca il simile. In internet sono sorti veri poli letterari, accentratori di pensieri e teorie, di azioni culturali e talvolta ideologiche, che inevitabilmente hanno finito per contrapporsi, cercando di demolirsi a vicenda e di egemonizzare il mercato culturale del web.

Occorre concettualizzare la storia del blog e osservarne lo sviluppo nel tempo. Soprattutto, scoprirne la missione specifica. Credo la si possa trovare nel rapporto speciale che questi possono istituire con i loro fruitori. Anche in questo caso si tratta di creare un rapporto diretto tra autori e lettori già esistente altrove, e da parecchio tempo. A dire il vero, fin dalla nascita del romanzo moderno.

Quale sarà, quindi, lo sviluppo dei blog letterari nel nostro Paese? Ci si rende davvero conto delle possibilità che la rete e la tecnologia stanno offrendo? La mia impressione è che la risposta sia no. Servono studio, analisi e concettualizzazione. Solo allora si potrà scoprire in quale direzione sia più utile muoversi, se si vorrà incidere sulla cultura di un Paese come il nostro che ne ha sempre più urgente bisogno.

8 risposte a “Il blog è morto, viva il blog!”

  1. Avatar elimod
    elimod

    Ciao Fabrizio, che bel bel post hai scritto!
    L’ho letto con molta attenzione e concordo in pieno. La “missione” del blog non è quella di “pontificare” su contenuti culturali come fanno adesso i vari poli letterari (come dici tu), ma di veicolare tali contenuti attraverso un rapporto di onestà intellettuale e di fedeltà tra blogger e lettore. Il nostro paese rischia grosso perché non è improntato su una visione pragmatica (anglosassone) ma su una visione troppo ideologizzata e intellettualistica. Speriamo di non stare solo a vedere…

  2. Avatar Fabrizio Valenza

    Ciao Eli. Sono d’accordo, pragmatismo, ed è da questo che dobbiamo ripartire, sotto tutti gli aspetti. Per ciò che riguarda i blog, spetta a noi, no? 🙂 E allora avanti nell’utilizzare i blog per quello strumento multimediale e versatile che sono, e non solo come un sostituto di un foglio cartaceo, come avviene nella maggior parte dei casi.

  3. Avatar Ema
    Ema

    Ciao, prima volta che ti leggo anche se conoscevo il tuo nome in giro per la Rete. Un argomento molto interessante, quello che sollevi, che si presta a un numero tendente a infinito di prospettive e sfumature. Le possibilità “tecniche” di ciò che chiamiamo Blog sono anch’esse tendenti a infinito, e questo ovviamente fa sì che sia difficile comprenderle, selezionarle, sfruttarle a dovere. Più facile cristallizzarsi su quelle conosciute, ovviamente, e nel mio piccolo mi ci metto anche io. Ciò non toglie che esplorare queste possibilità sia quasi doveroso, per chi si propone in qualche modo come “divulgatore virtuale”.
    Che invece la missione specifica possa essere unica non mi sento di condividerlo. Per quanto è sacrosanto che uno dei fattori più importanti sia il rapporto di fiducia tra blogger e lettore, considerando che molto spesso i ruoli possono addirittura invertirsi (la maggior parte dei blogger sono fruitori di altri blogger in qualità di lettori, e via dicendo). Onestà intellettuale al primo posto, dunque: laddove onestà, in questo contesto, non è solo (o necessariamente) su chi sono ma soprattutto su “cosa penso”.
    Intanto complimenti per il blog, equilibrato ma incisivo. E poi, spero di farti presto i complimenti anche per le tue opere di narrativa 😉

  4. Avatar Fabrizio Valenza

    Ciao Ema, ti ringrazio per l’intervento.
    L’onestà è assolutamente fondamentale. Credo, in effetti, che sia uno dei dati più rilevanti per distinguere i blog “seri”. Per “seri” intendo quelli che esprimono un’opinione costruttiva, che non sia solo di maniera. Personalmente, per onestà intendo non solo sincerità, ma anche la ricerca di un equilibrio, sia espressivo che di contenuti, e un’assenza di finzione nei confronti degli avvenimenti e dei lettori. Purtroppo di blog non seri sotto questi aspetti ce ne sono molti, forse troppi. Ognuno è libero di pensare, dire e fare ciò che vuole, ovviamente, ma non ci si può aspettare di essere incisivi in maniera duratura se non si adotta una serietà “onesta”.
    Non so se mi sono spiegato 🙂

    1. Avatar Ema
      Ema

      No, ammetto di non aver capito del tutto 🙂 . Definiscimi “equilibrio espressivo e di contenuti” e “assenza di finzione nei confronti degli avvenimenti”.
      Perché la definizione stessa di equilibrio è abbastanza soggettiva… mentre, d’altro canto, io trovo che la finzione possa essere un ottimo medium per comunicare con semplicità. Certo, dev’essere una finzione condivisa con il lettore, ossia qualcosa di cui il fruitore è ben al corrente.
      E già che ci sei, per favore, suggeriscimi un tuo romanzo stand-alone con cui cominciare, magari di sci-fi. 😉

  5. Avatar Fabrizio Valenza

    Ok, cerco di spiegarmi meglio.
    Equilibrio espressivo e di contenuto: intendo dire che ci si deve esprimere ragionando sui termini che si utilizzano, a seconda dello scopo che si vuole raggiungere. Troppo spesso il blogger (come molti scrittori) è inconsapevole dei termini che utilizza. Inoltre, per quanto riguarda il contenuto, si deve avere cognizione di causa e non parlare a vanvera. Troppo spesso, purtroppo, ci sono blogger che esprimono la loro opinione senza una grande cognizione di causa. Sempre liberi, anche in questo caso, di fare ciò che si vuole; ma così non si fa molto di utile 🙂
    Assenza di finzione nei confronti degli avvenimenti: se si sostiene un argomento o una visione delle cose, bisogna farlo nella totale onestà personale, senza mettersi una maschera di maniera. Faccio un solo esempio, di per sé in grado di scatenare polemiche: quanto è accaduto con Lara Manni. Ora che non si sa più se esista, tutto ciò che ha sostenuto perde di credibilità (non di valore, sia chiaro). La sua voce ne risulta in qualche modo intaccata e la forza intrinseca di ciò che sosteneva si allenta.
    La finzione, se c’è, dev’essere condivisa, come dici tu 🙂
    Per quanto riguarda un mio romanzo… di sci-fi non ne ho scritti. Ci sono alcuni racconti di fantascienza in questa raccolta su Amazon: http://www.amazon.it/Lalieno-nella-mente-ebook/dp/B00780WBDO/ref=sr_1_2?ie=UTF8&qid=1347453580&sr=8-2
    Altrimenti ti suggerisco due horror: Commento d’autore, http://www.amazon.it/COMMENTO-DAUTORE-ebook/dp/B007QTTHUW/ref=sr_1_5?ie=UTF8&qid=1347453580&sr=8-5 oppure La porta sbagliata, http://www.amazon.it/porta-sbagliata-SERIE-CASE-ebook/dp/B007SWSHAS/ref=sr_1_1?ie=UTF8&qid=1347453580&sr=8-1
    Se li leggi, fammi sapere che ne pensi, mi raccomando.

    1. Avatar Ema
      Ema

      Chiarissimo, e condivisibile. Mi viene da dire che il “caso” Lara Manni, più che una maschera di maniera, è una vera e propria “persona virtuale”, con personalità e vita privata simulate per uno scopo ben preciso: dare più forza ai propri argomenti, perché “quel tipo di voce là” funziona meglio della voce della giornalista affermata. Di conseguenza una volta che lo spessore di realtà viene meno, anche la forza degli argomenti sostenuti si sgretola.
      Anche perché, per dirne una, non ha più senso sostenere l’equiparazione del fantastico al mainstream o la famosa teoria della “gabbia dei generi” se per scrivere di fantastico tu stessa preferisci mascherarti.
      (lievemente OT: dimostrare che due persone sono distinte è la cosa più facile del mondo, se dopo 6 mesi non c’è smentita a mio avviso significa una cosa sola. E di mezzo c’era la sua carriera, mica bruscolini).
      Parlare di ciò che si sa è una delle regole fondamentali dello scrittore, e se non erro lo dice proprio il tuo amico Stephen 🙂 vale indubbiamente anche per il blogger, anche se in campo letterario si può sempre dichiarare i confini della propria esperienza di lettura, molto onestamente (a proposito) e specificare il livello “tecnico” dei propri commenti.

      1. Avatar Fabrizio Valenza

        Si è sgretolata, e che rimane di ciò che ha detto? Tutta la forza che poteva avere si è persa e ha creato un vuoto argomentativo (e per ciò che riguarda me non sono ancora del tutto convinto che Lara Manni fosse tout court la Lipperini, però sull’argomento sospendo il giudizio e dichiaro che non mi interessa più).
        Parlare di ciò che si conosce, in realtà lo dicono tutti gli scrittori seri. Per quanto mi riguarda, prossimamente vorrei approfondire l’importanza – anche per il fantasy – del linguaggio regionale. Vedremo che riuscirò a fare.

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