Una tomba vuota

Una tomba vuota.

Ho il cuore che corre più dei miei piedi. Sono senza fiato, il mio petto vuole sollievo, ma non posso farmi superare da Képha, che è più vecchio di me. Oggi lo batto, oggi arriverò prima io.

Ecco il giardino. I miei piedi arrivano più agili sull’erba di quanto non facciano quelli del Vecchio. Ma quando sono vicino alla roccia, posso vedere quel che ci ha detto Maryàm. A Migdal dicono la verità, allora! Il cuore, adesso, non se ne vuole stare più dove ha sempre dormito. Si è risvegliato.

Mi fermo, mi appoggio al tronco di un pino, mi giro indietro. Eccolo, il vecchio Képha sta arrivando. Ansima, si ferma un secondo, si appoggia sulle ginocchia, il volto sudato e rosso. Quasi ci rimane! Lo guardo, poi volto la testa verso il sepolcro aperto, e lo indico. “Guarda”, gli dico, “era vero”.

Lui si è ripreso, nel frattempo, e mi si fa vicino. “È vero, non era…”

Certo, dico io dentro di me e gli faccio un cenno affermativo con la testa. Mi inginocchio e fisso gli occhi lì dentro. È vuoto e solo uno scorcio di sole vi entra. Vedo il lembo estremo di un telo ripiegato. Sono pieno di una sensazione che non so definire. Speranza? No, certezza.

Intanto, Shimon Képha fa il suo ingresso. Io aspetto. Scompare lì dentro. Poco più oltre torna ad affacciarsi, il suo sguardo sgranato, sulle labbra un mezzo sorriso. Allora mi affretto a seguirlo.

Ed ecco, la tomba era vuota. Dov’è Jeshua?


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