Vi sono nella vita alcune esperienze che ci fanno percepire, più o meno chiaramente, come alcuni confini che reputiamo normali, assodati e concreti, siano in realtà evanescenti. Sono quelle esperienze che io definisco di soglia.
Per soglia intendo tutto ciò che divide un modo di essere o un modo di considerare le cose dal suo opposto. Faccio un esempio: l’interiorità della persona è diversa dall’esteriorità della persona, che appare sia collegata che divisa. Il prima è differente dal dopo. Il dentro è un luogo diverso rispetto al fuori. La vita è qualcosa di diverso dalla morte. Potrei proseguire con moltissimi altri esempi, ma mi fermo qui, sicuro che abbiate capito a cosa mi sto riferendo.
La distinzione appare particolarmente chiara nel caso della contrapposizione dentro/fuori e per il binomio vita/morte. Per quale motivo, tuttavia, il dentro sarebbe differente dal fuori? Quando pensiamo, facciamo la chiara esperienza di avere dei pensieri che costituiscono la nostra interiorità, ma a una persona che ci guardi dall’esterno, appariamo come un “oggetto” tra gli altri che sono nel mondo attorno a lei, e il nostro pensiero o la nostra esperienza di interiorità rischia di risolversi all’osservazione in una serie di processi fisici che possono essere colti tramite strumentazioni apposite. La vita interiore è perciò una categoria, un giudizio della nostra mente, frutto di una riflessione su ciò che noi compiamo in noi stessi.
E nel caso del binomio vita/morte? Cosa fa la differenza tra la vita e la morte?
Un cuore – cioè un muscolo – che smetta di battere? Dei polmoni che smettono di respirare? Converrete con me che la vita è molto più di questo, eppure, quando si osservi una persona morta, ci si chiede dove stia la vita. La vita è da un’altra parte o, si dice, la vita non è più lì, senza per questo potersi ridurre a pensare che essa non ci sia più solo perché alcuni muscoli non compiono la loro funzione.
C’è una soglia tra vita e morte, che diviene particolarmente evanescente nel momento in cui si assista al trapasso di una persona: un passaggio talmente flebile e volatile, che la ragione non può coglierne il senso. In quel momento ci si rende conto di come quella non sia che una – forse la maggiore – esperienza di “soglia”.