Posso aver dato l’idea di essere un apocalittico, come avrebbe detto Eco qualche tempo fa (detto in soldoni, l’apocalittico è quello che si schiera in maniera tragica contro un qualcosa che secondo lui avrà effetti nefasti). E in effetti, a ben pensarci, una tentazione d’esserlo c’è anche dentro di me, come in molti di noi. Mi riferisco alla mia decisione di uscire da Facebook e app controllate da Zuckerberg.
Voglio però fare delle precisazioni, perché non è che Facebook & Co. siano il Male, l’applicazione erronea tout court, la fine di ogni sensatezza sociale. No, sono semplicemente delle applicazioni di genere economico, che perciò mirano a lucrare su tutto ciò che in esse avviene. Si dà, inoltre, il caso che in modo specifico i social abbiano come carburante le emozioni delle persone e come prodotto i loro dati personali. Per favorire i secondi – che, come ben sapete, vengono venduti, il che vuol dire che i social sono FINTAMENTE GRATUITI – si favorisce la proliferazione delle prime, rendendo i loro miliardi di utenti sempre più legati al desiderio di esprimere praticamente senza filtri la propria emotività.
Esattamente come fanno gli adolescenti.
Al di là di questo becero aspetto, tuttavia, i social possono ovviamente essere uno strumento: esattamente come la TV, il cinema, i giornali, i libri e la cultura in generale. Anzi, usandoli in modo massimamente culturale possono dar luogo a risultati notevoli, come quando vennero utilizzati per le primavere arabe (almeno una di esse, quella tunisina, ha retto e ha modificato di molto le prospettive sociali di quel Paese). L’interrogativo allora riguarda il numero di persone in grado di utilizzarli così. Credo siano davvero poche. Inoltre, il punto è che non tutti i social si prestano alle stesse cose: ciascuno di essi ha il suo linguaggio. Non ha senso postare qualcosa su Instagram e poi – come facevo io – ripubblicare la stessa cosa su Facebook e su Twitter, oppure fare un video per YouTube e in seguito ripubblicarlo identico su Facebook o sul blog.
No, a ciascun canale il suo linguaggio, il che si trasforma a ben vedere in un lavoro vero e proprio.
Insomma, non voglio essere apocalittico, ma nemmeno del tutto integrato. Una via di mezzo mi va bene. Per questo motivo rimango su Instagram, sebbene continui a chiedermi a cosa possa effettivamente servirmi. Nel frattempo, mi dedico alla mia scrittura, alla mia filosofia e a questo blog.