Poteva mancare la puntata sui dipinti che hanno ispirato la mia scrittura? Giammai. Eccone selezionati 10.
Si tratta di quadri che hanno da sempre ispirato il mio modo di scrivere, il mio modo di pensare, il mio modo di essere, fino a portarmi all’espressione particolare delle mie storie, come in certi casi ben specifici. La scrittura si nutre di tutto ciò che la può rendere più profonda, tridimensionale, quadridimensionale, e anche di più. Eccoli.
Cliccando sul primo aprite la galleria, con le didascalie che vi spiegheranno la mia scelta.

Pastori dell’Arcadia, di Nicolas Poussin, con la famosa iscrizione “et in Arcadia ego” (ovvero la morte, presente perfino nel mondo dorato e mitico dell’Arcadia), eseguito circa nel 1640.

La Tempesta, di Giorgione. Questo dipinto, eseguito tra il 1502 e il 1503, è affascinante per la composizione dell’insieme: cosa c’entra una donna che allatta con una tempesta su una città? E il soldato? C’è chi l’ha interpretato con un significato da tarocchi: fortezza e carità che aiutano a superare le avversità. Sarà, ma il quadro conserva per me tutto il suo fascino simbolico.

Second Story Sunlight, di Edward Hopper, dipinto nel 1960, con quell’atmosfera luminosa magnificamente riprodotta dal grande pittore americano. Le due donne di età diversa, sedute al secondo piano della casa, rappresentano l’una la serenità raggiunta (quella seduta al sicuro) e l’altra la sfrontatezza che caratterizza la gioventù (quella seduta sul cornicione della balconata)?

Golconda, di René Magritte. Sarà che è stato utilizzato per un famoso numero del fumetto di Dylan Dog, sarà che Magritte è riuscito a cogliere (come nel caso di Grant Wood) l’inquietudine provocata dalla normalità civilizzata, questi uomini che piovono dal cielo, dipinti nel 1953, mi hanno sempre ispirato una sinistra simpatia. Sono banchieri, quegli ometti? Il dipinto rappresenta forse l’invasione di extracorpi finanziari che ha messo in ginocchio l’occidente negli ultimi quindici anni? Chi lo sa. Forse noi stessi siamo parte di loro, a giudicare dall’altezza della nostra visuale, sospesa in aria.