Sono gli unici romanzi fantastici italiani che abbia letto nel corso di quest’anno. Lo so, sono poche, soprattutto se paragonate alla mole di lettura “italica” (soprattutto fantasy) che mi sono sorbito (con scoperte piacevoli e articoli relativi) negli anni passati. Mi adeguerò di nuovo il prossimo anno, riservandomi a molti scrittori fantastici, esordienti e no, tornando a dire come la penso per tutti coloro (pochi) ai quali potrebbe interessare.
Comunque, ecco qui le mie 5 letture, con breve commento e voto. Potrebbe essere un suggerimento per gli acquisti natalizi.
Iskìda della Terra di Nurak. Il primo fantasy italiano letto nel 2013. Trama: L’arrivo dei Mercanti dalle Vele Gialle nella Terra di Nurak minaccia l’equilibrio creatosi dopo i Giorni della Caduta. I Clan convocano la Grande Assemblea a Lò, nella notte dell’Equinozio delle Nebbie. Deve essere impedita un’altra Guerra, perché con essa scomparirebbe il Popolo degli Uomini. Iskìda delle Valli di Lùn e il suo cane Ino accompagneranno Lianda, la strega del Clan del Cavallo. Ma Iskìda continua ad avere uno strano sogno… forze oscure si muovono, e le rune bisbigliano di caos e tenebre…
Commento: Bel romanzo fantasy, primo di una serie, di ambientazione mediterranea. Certificato!
Di che si tratta? Iskìda della Terra di Nurak, il primo volume di una saga che si preannuncia decisamente interessante. Quali sono le caratteristiche che mi hanno colpito?
Come dicevo, innanzitutto la sua mediterraneità. La storia è classica, ma l’immaginario si ispira alle leggende e alla tipicità della Sardegna, dando vita a una coinvolgente visione di vita sospesa tra sciamanesimo e riti pagani. L’autore è capace di far respirare il mediterraneo, di portare il lettore dentro il mistero delle origini.
Poi, la storia è scritta molto bene. L’autore sa come usare le parole e la struttura della storia, seppur breve per la brevità del libretto, è efficacemente congegnata. Ritornare tra le sue pagine è un piacevole appuntamento. Il linguaggio usato è piano e non barocco, semplice ma preciso, asciutto.
Se posso trovare una nota che non mi ha convinto del tutto è costituita dalle illustrazioni. Sono belle, per carità, ma lo stile manga che le caratterizza rischia di inquadrare la storia in modo tale da farla pensare come adatta solo ai ragazzi. Forse l’autore ha scritto Iskìda con il pensiero rivolto agli Young Adults, ma mi sento di poter affermare che invece si tratta di un racconto adatto soprattutto agli adulti. L’approccio generale mi fa pensare più a una storia per grandi adatta anche ai ragazzi, che viceversa. Sarà che non amo le etichette – e che soprattutto quella YA mi sta particolarmente stretta e mi provoca prurito – ma dire che Iskìda della Terra di Nurak è un libro pensato per quella categoria significa svilirla fin dall’inizio.
Merita di più. Non vi resta che leggerlo. Voto: 4 su 5.
Sono in procinto di leggere i capitoli successivi, già in mio possesso.
Rock Elfico, di Fabio Larcher. Trama: E’ un mattina d’inverno come tante per il sedicenne Paolo Maltesi; ma all’improvviso tutto cambia: mentre si sta preparando ad andare a scuola piomba in casa sua una stranissima ragazza, che gli “regala” una chitarra elettrica di colore blu. Si tratta di una chitarra magica, di uno strumento di potere assoluto attraverso il suono. Ma la chitarra porta con sé un destino terribile e il suo legittimo costruttore è un mago elfico, crudele e affascinante come una rockstar, che vorrebbe usare Paolo come mezzo per attuare i suoi piani atroci. Riuscirà il ragazzo a sottrarsi all’influenza del negromante? Può darsi, ma il prezzo da pagare sarà comunque alto.
Commento: “Talento”. Che vuol dire? Per una evoluzione semantica che inizia con la parabola dei talenti nel Vangelo di Matteo, il talento è divenuto il dono di dio dato all’umanità. Di lì è divenuto ingegno, predisposizione, capacità in un campo dello scibile umano, ma rimane il concetto che si tratti di qualcosa di innato, parzialmente indipendente dalla stessa volontà di chi lo detiene. Questo è l’assunto sul quale si muove Rock Elfico, di Fabio Larcher.
Mi piace notare come la partenza del romanzo sia molto simile a quella di Storia di Geshwa Olers (dove una sera d’inverno come tante il sedicenne Geshwa Olers si vede piombare a casa, anzi nella propria stanza, uno stranissimo essere – che scoprirà essere un folletto Ùgure – che gli regala un dono, strumento di potere: la capacità di percepire se si sta infilando in una situazione pericolosa), ma questa è con ogni probabilità la sorte delle… fiabe. Lo stesso autore mi ha rivelato essere la sua concezione delle storie come di uno sviluppo vario e differente della struttura basilare delle fiabe. Per certi versi sono d’accordo con lui.
Mi permetto di mettere in parallelo il piano del protagonista Paolo, con la sua capacità di produrre musica trascinante attraverso la chitarra blu, e quello del suo autore, Fabio Larcher, che possiede indubbiamente una ben consapevole capacità di condurre una storia dall’inizio alla fine. La domanda che però voglio pormi è: è riuscito a conferirle tutto ciò di cui ha bisogno per divenire una storia superiore? Attenzione, quanto dico da qui in avanti contiene spoiler.
Il romanzo è suddiviso in tre giornate, delle quali le prime due sono costruite molto bene, sono spiritose, veloci e non c’è un solo pezzo fuori posto. Quando si arriva alla terza, si “incappa” nel confronto con le Entità, che è secondo me è il punto più interessante, di lovecraftiana atmosfera, ma anche più debole. Non tanto per l’aspetto metafisico, quanto per la modalità di rappresentare il tutto: è una discettazione filosofica impostata sul metodo del confronto, che però stride con tutto il resto, posta com’è in mezzo a un romanzo fatto d’azione. Purtroppo si nota come un blocco differente. Per questa parte filosofica, l’avrei vista bene tradotta in immagini orrorifiche… o fantastico/orrorifiche, il che vuol dire ovviamente allungare il romanzo.
Poi ci sono delle incongruenze nelle ultime pagine, o per meglio dire delle inverosimiglianze. La prima, è quando un tizio (di cui preferisco non rivelare il nome) spara a Maltesi, ferendolo così gravemente da fargli “vomitare” sangue. Uno si immagina una ferita davvero grave, uno shock fisico assolutamente non indifferente, ma quasi subito si rimette tanto bene da poter correre, senza menzionare più il problema. La seconda incongruenza è quando i due protagonisti buoni arrivano a una sorta di navicella sferica, nella quale siedono due elfi ebeti.
In ogni caso, ed è questo il punto, non sono problemi tali da compromettere la piacevolezza del romanzo. Lo stesso autore, tra l’altro, mi ha confidato che sta lavorando a una nuova versione capace di porre riparo a queste e ad altre piccole smagliature. Infine: si può dire che si tratti di una storia superiore?
Secondo il mio modesto parere, sì. Abbraccia un tema molto delicato, quello della tentazione, risolvendolo con gusto e divertimento, capace di essere sempre leggero, ma proprio per questo motivo profondo. Alto e basso si corrispondono, in questo romanzo, il che è esattamente la caratteristica delle storie superiori.
Voto: 3 su 5.
La magica terra di Slupp, di Antonia Romagnoli. Trama: La Magica Terra di Slupp in grave pericolo. Un gruppo di apprendisti maghi dovr salvarla dalla minaccia di un temibile nemico, pronto a tutto per avere la spada, o forse lo schiaccianoci, che gli aprir la via al potere. Riusciranno gli squinternati eroi, tra un fax e una battaglia di magia, a sconfiggere il Cattivo? Un fantasy da leggere sorridendo, o forse un libro umoristico con un tocco di magia.
Commento: Solo poche parole per definire questo romanzo, ovvero demenziale ed esilarante. Ma voi, sarete capaci di lasciarvi andare alla demenzialità? Non sempre è facile.
Voto: 3 su 5.
La stazione del dio del suono, di Danilo Arona. Trama: Ci sono luoghi carichi di potere malefico nati dall’intersezione delle linee di energia che percorrono la Terra. Uno di essi è Piano Orizzontale, paesino sperduto situato nei pressi del Passo dei Giovi. Lì un gruppo di infernali vecchietti ha deciso di riunirsi ancora una volta per celebrare la “veglia”. Per tutta la notte essi improvviseranno una narrazione, a turno, ricamando storie del terrore. E la realtà immaginata, grazie all’oscura energia che permea quel luogo, diventerà realtà vera… Una stazione ferroviaria semi-abbandonata. Erbacce, ruggine, sassi. Eppure, quando fu costruita, più di 100 anni fa, avrebbe dovuto rappresentare uno snodo vitale per le ferrovie del nord Italia. Ma nel 1898, una tremenda sciagura ferroviaria causò decine di morti, e Piano Orizzontale iniziò a godere di una fama sinistra. Pian piano, col passare degli anni, il suo aspetto divenne spettrale, forse per non fare torto ai fantasmi delle vittime del treno che di notte si dice infestino la galleria poco lontana. Ecco il luogo nel quale decidono di incontrasi i bizzarri membri del Circolo del Venerdì, un gruppo di uomini di mezza età che amano raccontare storie del terrore a turno, per una lunga notte…
Commento: Il romanzo di un grande scrittore italiano. Danilo Arona continua a essere sottovalutato, quando andrebbe citato come il grande autore horror/fantastico italiano, o per lo meno come uno dei grandi. L’atmosfera che riesce a costruire è straordinaria, in bilico tra l’ironico gioco degli stilemi classici e la sapiente capacità di farsi strada nell’animo del lettore. Non si può dire di conoscere l’horror italiano se non si è letto almeno una delle sue opere, e questa “stazione” è indubbiamente uno dei suoi capisaldi!
Voto: 4 su 5.
Nove guerrieri, di Bruno Bacelli. Trama: Leandro, partecipa a una missione sacra (composta da nove volontari fra cui il nobile della zona) per liberare la sua terra dal dominio di una terribile strega. Essa da tempo immemore sottrae la forza vitale agli abitanti con mezzi magici, o sacrificandoli nel suo castello. In una terra velenosa e impervia il protagonista porta la missione a termine tra insidie e tradimenti.
Commento: Senza volermi trasformare in un recensore (ci sono fin troppi scrittori o aspiranti tali che lo fanno), questo primo romanzo breve di Bacelli è piacevole, veloce e possiede almeno un elemento che rimane dentro: la voce del protagonista. Se, infatti, la storia è classica e tutto sommato scevra da increspature narrative od orpelli, la voce narrante riesce a ritagliarsi un sentiero che si fa strada nella mente del lettore, portandolo poco alla volta a immaginarselo senza grande fatica, anzi, ritrovandolo con piacere anche a lettura spezzata nel tempo, come è stata la mia. Certo, ci sono delle ingenuità, ma nel complesso non inficiano il piacere della storia.
Voto: 3 su 5.