Come sicuramente saprete, il primo ad avere l’idea di concentrare un forte significato simbolico in quella greppia in cui venne posto Gesù Cristo appena nato fu San Francesco, il santo cui mi sento più vicino. In una notte di molti anni fa – sono passati ben 789 anni – il Santo rievocò con l’aiuto di un’immagine creata da Madonna Alticama, moglie di quel Giovanni Velita che aiutò Francesco a creare il primo presepe della storia, il momento della nascita e della successiva contemplazione del Salvatore fattosi uomo. La commozione e la meraviglia per il gesto furono tali, che parve quasi che Francesco cullasse tra le braccia un bimbo vero.
Da allora il presepe si è diffuso in tutto il mondo ed è rimasto come una delle più belle tradizioni natalizie, sebbene sempre più in crisi e soppiantato dall’albero di Natale. A Verona, tuttavia, c’è un posto particolare in cui uno speciale presepe trova sempre nuova vita di anno in anno, ed è il Convento dei Frati Cappuccini di Barana. Si tratta di una meta natalizia classica della nostra città. Dal 1950, nel quartiere di Borgo Venezia in Verona, i frati Cappuccini realizzano un grande presepe “animato” da congegni meccanici, meta di migliaia di pellegrini.
Ho avuto l’onore di ricevere il testo di Padre Gianluigi Pasquale, in cui parla di questa bellissima opera, frutto della tenace devozione di un frate molto semplice, Fra Carmelo Brotto. Allora leggiamolo assieme. Sia questo il mio augurio per un sereno e rigenerante Natale, a tutti voi, che crediate o no. La cosa importante è cogliere la bellezza delle cose, sempre.
È una storia tutta da raccontare quella del presepe dei frati Cappuccini “del Barana”. Nel quartiere est di Verona, lungo la strada che s’alza per la Val Pantena e i monti Lessini, nel quartiere di Borgo Venezia, sorgono il Convento dei Cappuccini, la chiesa dedicata al “SS.mo Redentore” e la mensa dei poveri «San Leopoldo Mandić», una delle più grandi e frequentate della città scaligera, l’unica aperta 365 giorni all’anno. Ma da Dicembre alla fine di Febbraio, alla coda di chi va a mangiare un piatto di minestra e a scaldarsi un po’, non molto distante da lì, se ne aggiunge un’altra: quella dei tantissimi visitatori dello storico presepe del Barana. Storico perché la sua origine risale al 1950. A realizzarlo fu fra Carmelo Brotto, un simpatico fraticello, oggi ottantaseienne, dalla folta barba bianca attorniante vividi occhi verdi, da sempre con il pallino della meccanica e un’innata indole artistica. «Quando lo allestii per la prima volta, lo collocammo in chiesa. Avevo 25 anni. Col tempo, abbiamo pensato di dedicargli uno spazio ad hoc», spiega il Cappuccino. Così da alcuni anni il presepe che conserva le vecchie statue della Santa Famiglia e vari elementi originali del paesaggio, è stato trasferito in un ampio locale presso il convento, a motivo delle migliaia di visitatori che arrivano in occasione delle feste natalizie. Il presepe, in effetti, è di notevoli dimensioni: ottanta metri quadrati, una decina di microambienti e un ampio sfondo montano che ricorda il gruppo veronese dei Lessini e il famoso «Ponte di Veja». Nel 1980 si interessò a esso perfino una troupe del «Catholic Herald», che giunse a Verona per realizzare un servizio. L’ammaliante poesia della Natività viene riproposta in quest’anno 2012 con un nuovo scenario, quello del Presepe di Greccio, utilizzando in modo sapiente poveri mezzi ben celati dalla cartapesta dipinta: pezzi di latta traforati e parti di una vecchia lavatrice per riprodurre la caduta della pioggia, specchi riciclati nascosti che raddoppiano gli spazi, dando profondità a interni di abitazione. Insomma un presepe assai “francescano” nei materiali, ma di grandissimo effetto visivo. «I meccanismi e il variare delle luci che riproducono il ciclo del giorno

e della notte, originariamente erano mossi mediante elettrolisi, ricreata con ingegno in vasche poste dietro le quinte», precisa fra Mario Manfrin, il Cappuccino che da anni ha sostituito fra Carmelo nell’allestimento del presepe e che dirige pure la mensa dei poveri. «Era un lavoro che iniziava già a febbraio e terminava a Natale. Conclusi i suoi quotidiani impegni di sacrestano e di questuante, fra Carmelo dedicava tutto il resto del tempo alla propria creazione». Il presepe è cresciuto negli anni, anche grazie alla generosità dei fedeli che hanno arricchito la scena donando più d’un pezzo ai frati veronesi. Gli uccelli che figurano sono veri e impagliati, come veri sono i nidi e le uova deposte. Ma più vivi ancora sono gli animaletti “in carne e ossa”, di solito dei coniglietti custoditi assieme alla loro mamma per alcune settimane in un recinto protetto da temperatura, umidità e cibo costanti, che attirano i visitatori più piccini e polarizzano la loro curiosità. Del resto anche l’omelia natalizia di Taulero ci ricorda che «un Bimbo è nato in mezzo a noi e ci è stato dato un figlio».
Gianluigi Pasquale OFM Cap.
Dicembre 2012