La seconda stesura è tutto il contrario della prima: un attento lavoro di astrazione da se stessi.
Se nella prima stesura era la libertà del mood a farla da padrone, nella seconda abbiamo un approccio davvero molto differente: sangue freddo e grande capacità di concentrazione logica, per una serie di motivi. Eccoli:
1 – Prima di mettersi al lavoro sulla seconda stesura, è necessario aver maturato un distacco minimo da quanto scritto, che permetta di focalizzare fino in fondo il tema dell’opera. Quando si redige la prima stesura, siamo convinti che il romanzo parli di un certo argomento, ma quando ci accingiamo alla seconda, potrebbe addirittura succedere che ci rendiamo conto che in realtà esso parli di qualcos’altro e che la nostra prima convinzione sia soltanto un aspetto secondario.
2 – Se nella prima stesura ci si lasciava trasportare dal sentimento e dall’emozione che si voleva conferire al tutto, adesso è necessario – pur continuando ad avere ben presente il mood dell’insieme – controllare paragrafo per paragrafo e capitolo per capitolo che un simile obiettivo sia stato raggiunto e, se necessario, modificare in modo tale da renderne più preciso e certo il raggiungimento. Sangue freddo è la definizione di questa importante fase della scrittura. La prima stesura era importante perché da essa dipendeva l’esistenza stessa della storia, la seconda lo è perché da essa dipende la buona riuscita della vostra narrazione.
3 – Vi accorgerete senza dubbio di aver scritto troppo in certi capitoli e forse troppo poco in certi altri. Bene: se appoggio pienamente l’idea di togliere dove c’è troppo, appoggio un po’ meno l’idea di aggiungere dove si ritiene vi sia poco. Per un semplice motivo: se nella prima stesura avevate pensato che un’idea o una fase dovesse richiedere solo un determinato spazio e non di più, cosa vi porta adesso ad aggiungere pagine su pagine? Potrebbe essere quella che chiamo “bolla emotiva”.
4 – La bolla emotiva è uno strano accadimento: mentre rileggete e correggete quanto scritto, vi lasciate prendere così tanto dall’emozione e ciò che avete vergato a computer è talmente travolgente, che finite con il credere che quell’emozione che state provando alla rilettura sia l’emozione determinante, quella su cui puntare. Ed ecco che, finito il brano travolgente, volete reiterare l’effetto e iniziate ad aggiungere la medesima emozione ad altre parti del romanzo che inizialmente non la prevedevano, perché siete convinti che così tutta la storia ne trarrà giovamento e che così facendo trascinerete il lettore ovunque. Il risultato, però, sarà ottenere uno squilibrio generale e la vostra storia si trasformerà in qualcosa di diverso dall’originaria intenzione, nella quale potreste non riconoscervi più così tanto. E finite per intervenire su altre parti nel tentativo di riportare un poco di equilibrio. In breve, tutta la struttura del romanzo – così attentamente costruita nella prima stesura – verrà stravolta.
5 – Il concetto è simile a quello che Stephen King esprime in On Writing: la prima parola scelta è quasi sempre la migliore. Parafrasando potrei dire: la prima struttura scelta è la migliore. Per questo motivo, la seconda stesura dev’essere – in sostanza – il tentativo di far emergere pienamente la struttura che avevate inizialmente scelto per il vostro romanzo. Quando dico struttura, non parlo puramente di forma, ma di contenuti precisi (quelli portati alla coscienza dal mese e più di stasi della penna prima di metter mano alla seconda stesura) che richiedono una forma ben precisa per esprimersi. Vi deve essere una fusione perfetta tra forma e contenuti. Non cedete al banale interrogativo che, di tanto in tanto, leggo su forum o blog vari, cioè “forma o contenuto?”, perché la risposta è solo una: forma e contenuto. Sono sullo stesso piano!
6 – Il dato forse fondamentale della seconda stesura è però un altro: non è più il tempo della grandi idee. Quelle, se c’erano, erano cosa da prima stesura!