Viviamo in un mondo d’immagini e, volenti o nolenti, anche la scrittura ne rimane influenzata.
Utilizzare uno stile che non vi faccia riferimento è una scelta precisa, che svela esattamente questa “dipendenza”, anche al negativo. Ecco, perciò, un elenco di film che, secondo me faremmo bene a conoscere a fondo, perché capaci di insegnare qualcosa a ogni narratore.
- I predatori dell’arca perduta, di S. Spielberg, 1981. Uno dei capolavori del grande regista, da sezionare da inizio a fine, per coglierne la perfetta struttura narrativa.
- Guerre stellari, di G. Lucas & Co., dal 1977. Per la sua capacità di fondere fantascienza e fantasy, per la sua capacità di reinventare miti eterni.
- Incontri ravvicinati del terzo tipo, di S. Spielberg, 1977. Perché l’immagine non è tutto: anche i silenzi d’attesa sono fondamentali.
- I ponti di Madison County, di C. Eastwood, 1995. Che ci insegna come le immagini e la sapiente regia possano, talvolta, salvare un romanzo insulso.
- La compagnia dell’anello, di P. Jackson, 2001. Anche un film sontuosissimo può svelare che il romanzo d’origine è irraggiungibile. Guardarlo per sottrazione con la storia di Tolkien.
- Trappola di cristallo, di J. McTiernan, 1988. La vera colonna di una storia sono i personaggi, non l’effetto speciale (anche quello “scritto”).
- Shining, di S. Kubrick, 1980. La dimostrazione che certi romanzi non possono che rimanere su carta, a meno di stravolgerne il senso.
- C’era una volta in America, di S. Leone, 1984. Le grandi narrazioni funzionano ovunque.
- Ispettore Callaghan: il caso Scorpio è tuo!, di D. Siegel, 1971. Un personaggio forte fa l’intera narrazione.
- Chi ha incastrato Roger Rabbit, di R. Zemeckis, 1988. Un romanzo non può tutto.
Good rread