Non posso più starmene zitto di fronte al comportamento di colleghi e intellettuali nei confronti del perbenismo puzzolente che si sta diffondendo in Europa. Quello relativo al Mein Kampf venduto dal Giornale è l’ultimo caso.
D’accordo, operazione dubbia – forse, non ne sono sicuro – pubblicare il testo scritto da Hitler con un quotidiano, ma non tanto per il testo in sé, quanto per l’assenza di note critiche. Dicono, non ne sono sicuro, ripeto, perché non l’ho letto. Ho quel libro nella libreria di famiglia fin da quando ero piccolo. Ricordo che mi provai in questa lettura quando avevo circa 10 anni e ovviamente ne uscii annoiato dopo una ventina di pagine. Eppure, nei miei scaffali ho anche molti libri filosofici, storici o quant’altro venduti da quotidiani, quasi tutti senza note critiche. Perché pubblicare un testo originale senza apparato critico è un lavoro meno costoso, ovviamente, e il quotidiano ci guadagna di più o, più semplicemente, l’operazione commerciale può essere condotta in orto più in fretta. Non è però il caso de Il Giornale, che ha deciso di varare un’intera collana dedicata al Terzo Reich, operazione pianificata da uno storico, Francesco Perfetti. A quanto pare, allora, l’apparato critico è presente. Ma andiamo avanti.
Per fare un esempio, tra i vari libercoli venduti con il Corriere, in occasione dell’iniziativa dei Classici del pensiero libero, c’era il Sulla tolleranza, di Voltaire, totalmente privo di apparato critico, se non una breve introduzione di Sergio Romano. Ora, Voltaire era una sorta di pubblicitario dell’Illuminismo, un cazzaro che ha approfittato di azioni altrui per farsi bello, e che proprio nel libretto sulla tolleranza propaganda un volto quasi totalmente sfalsato della Chiesa storica, oltre a un’idea di tolleranza infinitamente inferiore a quella di un Locke o di uno Spinoza. Qualcuno ha mai detto che Voltaire andrebbe accompagnato sempre e comunque da note critiche? O che sarebbe meglio non venderlo con i quotidiani? Certo, Voltaire e Hitler non sono la stessa cosa, si dirà. Vero, allora il problema è l’autore di un testo? Impediamo la diffusione di un testo a causa di ciò che il suo autore esprime in esso? A questo punto suggerirei di vietare anche 1984, di Orwell, o peggio ancora, L’Emilio, di Rousseau, perché non si può davvero credere che l’essere umano sia una tavoletta di cera tutta da scrivere. Anzi, sapete che vi dico? Io vieterei L’origine delle specie, di Darwin: potete immaginare l’orrore di molti scienziati allo scoprire che al termine del suo famoso libro, Darwin scrisse che “per la mia mentalità meglio si accorda con quanto conosciamo delle leggi impresse sulla materia dal Creatore il concetto che la produzione e l’estinzione degli abitanti passati ed attuali del mondo siano derivati da cause seconde, simili a quelle che determinano la morte e la nascita dell’individuo”? Darwin un credente? No, non è ammissibile!
Mein Kampf è pericoloso perché è come vendere una pistola in edicola, mi ha detto uno scrittore. Questo mi fa davvero rabbrividire. Un libro non sarà mai pericoloso, se non a causa del lettore. Se uno scrittore ritiene che un libro vada vietato perché è pericoloso come una pistola, vuol dire che siamo davvero ancora ai tempi di un temibile Indice dei libri proibiti (inserisco il link della Treccani online perché mi sembra un tantino più professionale e corretto di quello di Wikipedia). Per quanto le idee contenute in un libro siano non-condivisibili, un libro non potrà mai subire il destino di essere bruciato, come facevano per l’appunto i nazisti, o vietato, come faceva la Chiesa di un tempo, o addirittura imposto, come tentano di fare certe correnticole di pensiero politicamente e sessualmente corretto in Europa (con libercoli contenenti strane teorie sul genere degli esseri umani da diffondere nelle scuole).
Un libro è un libro, e se è pur vero che un libro può essere capito meglio conoscendo l’autore, è anche vero che un libro va giudicato sempre indipendentemente dal suo autore. Per la bontà o l’insipidezza del suo contenuto. Mein Kampf non ha un contenuto malvagio o pericoloso: ha un contenuto insipido. Riuscirà il lettore a capirlo da solo, con i propri mezzi? Forse no? Ma allora, in questo caso il problema non sarebbe del libro in sé quanto di chi ha formato quel lettore. Ma per un errore di formazione del lettore, non può essere il libro a farne le spese. Altrimenti si torna a bomba del discorso: distruggiamo i libri o vietiamoli, perché i lettori non sono ancora pronti!