Questo non è un necrologio. Sapete bene come non mi piacciano. Si tratta solo di una breve considerazione, molto breve.
Ci sono autori che per la storia letteraria di un Paese sono imprescindibili. Umberto Eco è uno di questi. Chi si dice scrittore, in Italia, non può non aver letto (o tentato di leggere) i suoi libri. Se c’è uno scrittore punto di riferimento per la significatività residua della narrativa italiana, questi è senz’altro Umberto Eco. Perché dico residua? Perché dopo le varie discussioni sulla vita e la morte del romanzo, i suoi libri (a partire da quel Nome della rosa che tante critiche gli procurò dai colleghi dell’intellighenzia di sinistra per la sua presunta commercialità) rappresentano sempre il margine forse estremo in termini di contenuti e di modalità espositiva del filone narrativo del Belpaese. Perché, inoltre, dico che chi si dice scrittore dovrebbe aver tentato di leggerli, i suoi libri? Perché sono quasi sempre una sfida (mi riferisco ai romanzi), alla leggibilità, alla comprensione, alla lettura dei fatti e della realtà in cui viviamo.
Umberto Eco è molte altre cose, ma per l’appunto, non voglio fare un necrologio. Queste sono solo alcune considerazioni da parte di chi si è appena svegliato, scoprendo che dopo la grande Harper Lee (non sapete chi è Harper Lee? E vi dite scrittori?), se n’è andato anche un altro grande. Ma Eco è necessario.
Semplicemente, leggete Eco, leggetelo.