È una nuova collaborazione, quella con Medeaonline. Fondata e diretta dai bravi Andrea Cattaneo e Paolo Magri, Medeaonline è una rivista culturale ad ampio raggio, capace di proporre punti di vista differenti su argomenti sempre interessanti. Per quel che mi riguarda, inizio con questo articolo in cui parlo di autopubblicazione. Il tono è ironico, cercate di coglierlo e di non lasciarvi infastidire, se potete. Sapete bene che io stesso sono partito autopubblicandomi.
Buona lettura.
Ho letto l’articolo e mi trovo a condividerlo. Ho scritto un post sull’argomento, ma riassumendo, quale che sia la via che si sceglie, è una giungla e l’autopubblicazione non è così facile e rosea come fa passare chi ha degli interessi con essa (Amazon, per esempio).
Già. La parte che più mi preoccupa, come sempre, è quella inconsapevole, che concerne gli effetti negativi e – magari – meno evidenti, sia sugli autori che sul mondo dell’editoria.
Pochi si fermano a riflettere sulle ripercussioni.
Visto che tanti ora si autopubblicano, viene da chiedersi come riconoscere ciò che è valido. Ci sono le recensioni, ma quante sono obiettive e non di parte, non pagate dagli autori per avere pubblicità positiva? Si sta formando un mercato su chi fa recensioni, speculando sul fatto che si vuole raggiungere un obiettivo.
Se si è giunti a questo punto, con Amazon che sta acquisendo sempre più fette di mercato, parte della responsabilità è delle ce, che non hanno saputo pubblicare prodotti validi, puntando solo a prodotti commerciali per avere guadagno immediato. Ma il non puntare sulla qualità ha bruciato il mercato futuro, e l’accantonare chi meritava per far posto a conoscenze, a chi era nel giro, ora sta richiedendo il suo tributo.
A costo di diventare noioso, continuo a ripetere che non ci si vuole rendere conto di ciò, perpetrando copioni e sistemi che sono fallimentari.
Mah, le case editrici italiane di certo non hanno favorito la ricerca della qualità, però non mi sento di addossare la “colpa” di questa situazione a loro. Purtroppo, come sappiamo dai tempi di Cristo :-D, la porta larga ha sempre una certa attrattiva. La via facile si fa bella e applica un maquillage forte per essere più convincente, ma i risultati sono spesso peggiori di quelli della via difficile. Una delle caratteristiche che li rendono peggiori è la “autoreferenzialità”, come ho cercato di sottolineare nell’articolo, tra le righe. L’autoreferenzialità esiste ovunque, ovviamente, e anzi, negli ultimi quindici anni c’è un gran discutere sull’autoreferenzialità degli scrittori più conosciuti al mondo, quindi figurarsi per quelli sconosciuti e che cercano di emergere… L’autopubblicazione corre il rischio di moltiplicare a dismisura questo aspetto, soprattutto perché manca un reale interesse che porti a dire “questo è bello, questo fa schifo”.
E’ una battaglia orizzontale, nella quale tutti sono (e siamo) nella stessa condizione. L’unico vantaggio di un sedicente mercato editoriale dell’autopubblicazione è quello del trovarsi in questa medesima situazione e di poterla trasformare in un’uguaglianza qualitativa mediante un grande fraintendimento (nutrito e ingrassato dagli ego degli autori), cioè che se più autori non riescono a pubblicare per le vie tradizionali è perché ci sono chissà quali marci interessi. Questo passaggio viene subito dopo trasformato in: i marci interessi di alcuni non permettono la pubblicazione di ciò che varrebbe la pena pubblicare; a sua volta, questo passaggio offre la spalla all’altro ragionamento immediatamente successivo: autopubblicandomi, difendo il mercato dal marciume e, soprattutto, restituisco le ali a quanto in un mondo libero e giusto sarebbe già stato pubblicato, ovvero il mio scritto.
Alla fin fine, in questo modo, autopubblicazione finisce per essere considerata pratica che corregge un torto subito e raddrizza le storte vie dell’editoria nazionale.
Correndo il rischio che l’autopubblicazione passi come qualcosa di democratico e meritevole, la soluzione al male che è ora l’editoria: pensiero che non è corretto ed equo, come non lo era il discorso che se si pubblica con una ce allora, assolutamente, il prodotto doveva essere per forza buono.
A guardarci bene, non esiste parte completamente giusta, ma tutte hanno le loro belle ombre e di questo occorre essere consapevoli.