Tra sconforto e passione

Raymond CarverLo sconforto di uno scrittore è talvolta ai limiti del sopportabile. Qualcuno dice che la creatività nasca dalla differenza e dall’inconciliabilità tra il reale e la visione ideale del mondo da parte dell’artista. Non so se le cose stiano esattamente così, anche se ne sono piuttosto persuaso, ma di una cosa sono certo: che a volte uno scrittore prova uno sconforto che spesso lo spingerebbe a mollare tutto. E non c’entra direttamente la visibilità che possono raggiungere i suoi scritti, quanto invece l’apparente contrarietà del mondo ai suoi tentativi.

A volte questo argomento viene preso come il classico piangersi addosso, come il lamento di una persona che ha eccessive aspettative dalla vita e da ciò che produce con la sua mente. Credetemi, non è così. Non si tratta di piagnisteo, tanto meno di un eccesso di illusione, no. Si tratta, invece, del rendersi conto – forse in modo eccessivamente reale – di come vada il mondo. Il vero piacere di uno scrittore, l’ho detto più di una volta, è il momento in cui scrive le parole sulla carta o sullo schermo. Tutto il resto è noia.

Provate a fare un calcolo: quanto tempo impiega uno scrittore per la stesura di un romanzo? In effetti può impiegarci mesi. Il mio ultimo romanzo ha necessitato di quattro mesi di stesura, e ora avrà bisogno di una riscrittura. Ma di questi quattro mesi, solo tre ore al giorno costituiscono l’effettivo tempo impiegato per arrivare alla fine. Quindi, 120 giorni x 3 ore al giorno = 360 ore. Su 2880 ore, solo 360 sono quelle di maggior soddisfazione.

Nella parte rimanente di quelle quasi tremila ore di tempo, c’è la quotidiana normalità della vita, come per tutti. Ma c’è anche dell’altro: la contrarietà del mondo. Chi si espone (e uno scrittore si espone senza ombra di dubbio, in molteplici modi, anche semplicemente scrivendo questo post) incontra la contrarietà, è un dato di fatto. Se, per esempio, dico che il Wunderkind di GL D’Andrea è il miglior fantasy d’Italia, di sicuro mi troverò contro tutti coloro che sostengono che il suo libro sia una totale schifezza. Mi è capitato proprio di recente, in occasione di una mia segnalazione del progetto di Geshwa Olers gratuito fatta su aNobii, di sentirmi dire: dal tuo post non si capisce in cosa consista questo nuovo progetto e poi, ciò che più mi lascia perplesso, è che hai affermato che il W è il miglior fantasy italiano, il che vale come disprezzo per tutti gli altri fantasy pubblicati e mi viene un dubbio sulla validità del romanzo che tu ci proponi. Questo il succo di ciò che mi è stato detto (non se la prenda l’utente che mi ha detto queste cose, qualora passasse di qui e leggesse le mie parole: il suo è solo un esempio paradigmatico del concetto che voglio esprimere).

Ora: le opinioni personali, ovviamente, sono solo opinioni. Non importa che sempre la stessa persona, che non conosco, sia venuta a dirmi che ci sarebbero dei dati di fatto che dimostrano che il W sia un romanzo orribile, perché semplicemente non esistono dimostrazioni di tal genere. Se un romanzo piace, ha raggiunto il suo scopo. Punto. E per quanto mi riguarda, il W è il migliore. Ma al di là di questo… la contrarietà sta precisamente nel fatto che il post di aNobii parlava della possibilità di scaricare un romanzo fantasy gratuitamente. Anzi, non solo uno ma sette. Che diavolo c’entra il discorso sul W?!?

È che la gente ama contrariare. La gente ama rompere le palle, soprattutto a chi si espone, per mille motivi che solo quella gente conosce. Tutte le parole usate per contrariare sono gettate al vento, mentre l’unica cosa che veramente avrebbe avuto senso sarebbe stata aprire la pagina del download e fare un clic sul bottone per l’estensione preferita del volume gratuito. Un’azione di grande difficoltà? A quanto pare, per chi ama essere contro a ogni costo, sì.

Però la passione è più grande di tutto, anche delle contrarietà. Perciò si continua, come ha dimostrato ampiamente e con grande successo Raymond Carver. Tra l’altro, in sei giorni Il viaggio nel Masso Verde ha raggiunto i 96 download, più della metà in versione pdf. Non lasciatevi sfuggire l’occasione: qui potete scaricarlo.


6 risposte a "Tra sconforto e passione"

  1. Il commento di quello di Anobii è un tantinello scombussolante. Ma che razza di discorso è? Se il Wunderkind ti piace e a me no, pure il tuo romanzo non mi piacerà.
    ??? Non se ne può più,
    Consolati, secondo lo stesso principio a tutti quelli a cui è piaciuto il Wunderkind dovrebbe piacere pure il tuo di romanzo.
    E poi se tu mi dici che per te il Wunderkind è il libro migliore che bisogno c’è di darti contro? Se mai mi viene da chiederti perchè (ovviamente è un esempio, lo hai già spiegato). E non credo sia necessario essere grandi lettori per arrivare a tanto.
    Secondo me dobbiamo essere noi (lettori e scrittori) in prima persona a non dare forza a queste persone. Anche se comprendo che per uno scrittore non è così semplice.

  2. Guarda, si tratta soprattutto del desiderio innato di capire le motivazioni inesplicabili di certa gente. Ma non ci si arriva mai. Per lo meno, però, si comunica la difficoltà.

  3. Carver? Un grande scrittore vissuto troppo poco.
    Lo sconforto per lo scrittore? Esiste eccome.
    Soprattutto quando lo scrittore per vivere deve fare un altro lavoro,uno di quelli che l’uomo della strada definirebbe vero.
    Io di mestiere faccio il poliziotto municipale, odiato, osteggiato, picchiato e criticato e mi piace.
    Poi mi piace scrivere e scrivo sempre.
    Sono al mio undicesimo romanzo più o meno e ne ho pubblicati tre e non ci farò certo i soldi, né diventerò famoso e a volte mi piacerebbe mollare fare solo il vigile e ti assicuro molti cittadini mi pagherebbero per tenermi lontano dalla strada. Scrivere è una passione, una molla, una di quelle compulsioni che non puoi mica mollare solo per sconforto e allora scrivi e fregatene dei giudizi, delle critiche e come tu ricordi, noi che scriviamo ci esponiamo, fa parte del gioco, basta rimanere puliti e noi non faccimao fatica, ciao

  4. Ciao Max, benvenuto.
    Sì, la scrittura è probabilmente anche una compulsione alla quale non si può resistere. Per me è soprattutto la modalità espressiva per eccellenza, quella che dà senso alle giornate. E’ tramite la scrittura che ritrovo il significato e l’insieme dei miei pensieri e delle mie azioni.
    Probabilmente un lavoro così pratico, “vero” come hai riferito tu, è la cosa migliore che ci possa capitare. Io lavoro con i bambini della Scuola dell’Infanzia, sono maestro. Spesso mi dico che dal momento che passo almeno cinque o sei ore con la scrittura, altre cinque o sei ore con i bambini sono necessarie per rimanere con i piedi per terra e conoscere la vera umanità. Un lavoro nutre l’altro, perciò mi ritengo fortunato, ma non nascondo che a volte vorrei poter vivere di sola scrittura. Proprio uno dei maestri di Carver, Gardner, comprese che quel ragazzo aveva bisogno di un posto e di tranquillità per poter scrivere in maniera più efficace. Ecco, io mi ritrovo un po’ in questa condizione: si cerca una tranquillità e serenità d’ambiente in cui potersi ritagliare quelle poche ore che sono le più significative e, soprattutto in questi ultimi mesi, faccio una fatica immane.

  5. la fatica … io credo non ti lasci mai. L’associo alla fatica di vivere. Troppo esistenziale? Forse. Faccio lo slalom fra la grammatica, la famiglia o le famiglie da mantenere a galla, il tentativo di arrivare incolume a fine giornata e il tempo della scrittura.
    Per me è come un giardino, anzi un orto perfetto dove crescere le cipolle, i fagiolini e l’insalata che crescono nella mia testa. A volte penso che in pensione avrò più tempo per scrivere, ma non so. Primo in pensione difficilmente ci andrò grazie a questa nostra condizione e poi la strada è talmente pregna di vita, come un concime naturale per la mia testa. per concludere non ti preoccupare è una fatica bestia creare e sopravvivere oggi, sei in buona compagnia.

  6. Si spera sempre di riuscire a ritagliarsi uno spazio migliore un poco prima 🙂 Ma non c’è nulla di semplice, come l’amico Ray ha dimostrato.

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