LA SCATOLA DEI BOTTONI DI GWENDY
ISBN: 9788820064334, rilegato
Anno di pubblicazione: 2018
Il romanzo, piuttosto breve, racconta della dodicenne Gwendy Peterson che viene un giorno avvicinata da un uomo alto con un pastrano e un cappello neri. La diffidenza istintiva della ragazza nei confronti delle inopportune domande dell’uomo, che dice di chiamarsi Richard Farris, viene vinta una volta che lui le mostra una scatola di mogano lucido, con dei bottoni e due levette sul coperchio: la levetta di sinistra dà diritto a un cioccolatino che toglie ogni fame eccessiva, dando al contempo grande soddisfazione di gusto, mentre quella di destra regala una lucida moneta d’argento (un dollaro Morgan fior di conio) del 1891, dall’indubbio valore collezionistico. Non più d’una la settimana, mentre di cioccolatini, dalle fogge sempre diverse, potrà averne uno alla settimana. Gwendy, che è cicciottella e che viene presa per questo in giro, in modo particolare da un compagno malvagio che la deride chiamandola Goodyear, decide di accettare il dono della scatola, della quale lei dovrà essere custode gelosa, perché ciascun bottone sul coperchio ha un potere infinito, relativo a ciascuno dei continenti della Terra e a uno sconosciuto potere negativo rappresentato dal bottone nero. Sebbene la minaccia rappresentata dalla scatola e in particolar modo dal bottone nero, isolato sulla destra, sia sempre più chiara, vi sono alcuni aspetti positivi che rendono (o renderebbero) particolarmente difficile la scelta di utilizzare il dono:
- Lei dimagrisce e la famiglia vive meglio. È fuor di dubbio che la scatola (proprio come l’anello di Sauron o lo specchio di Dorian Gray) renda sensibilmente migliore sia l’autostima di Gwendy, che si troverà nel difficile confronto con la coetanea e problematica Olive, amica di scuola (che rimarrà indietro rispetto ai successi “sociali” della protagonista conseguenti al cambiamento della sua autostima), sia il clima familiare, che pare riaggiustarsi dopo una tempesta interna nel corso della quale pareva che i suoi genitori volessero separarsi.
Tuttavia, Gwendy si ritiene responsabile di cose orribili. Rosa dal desiderio di utilizzare il percepito potenziale della scatola, si informa se non sia il caso di fare un qualche tipo di intervento “magico” pressando uno dei bottoni della pulsantiera. Ma quale? Si decide per uno sperdutissimo e insignificante Paese, la Guyana Francese. A chi è, infatti, interessato mai qualcosa di quel posto sperduto? Il giorno dopo, in televisione danno il tragico esito di una tremenda esecuzione di massa svoltasi proprio nella Guyana Francese.
In seguito a questa enorme responsabilità personale – o per lo meno così pensa Gwendy – ella imparerà a gestire la scatola nel modo migliore, cioè non usandola, resistendo alla tentazione di sentirsi potente, contenendo così al contempo il suo potere. Si potrebbe, perciò, definire questo romanzo una bellissima favola contemporanea, a carattere parabolico. Tuttavia, mi duole segnalare che questa storia scritta a quattro mani, con il concorso dello (da noi non particolarmente conosciuto) scrittore Richard Chizman, presenta pregi e difetti. Vediamoli sommariamente.
Pregi:
– la “Scatola dei bottoni di Gwendy” è una bella favola che vuole consegnare il senso della responsabilità di ciascuno nei confronti dell’altro, anche se questi è molto distante. In qualche modo ripropone al rovescio la cosiddetta “regola aurea”: non fare al tuo prossimo ciò che non vorresti fosse fatto a te. Certo, rimane da chiedersi chi sia il “prossimo”, ma da questo punto di vista il romanzo non lesina un degno approfondimento dell’argomento.
– Inoltre, la “Scatola dei bottoni di Gwendy” riesce a stupire perché Richard Farris, l’oscuro co-protagonista della storia, potrebbe essere un rinnovato Randall Flagg (a iniziare dalle iniziali del nome) e ogni lettore di King si aspetta che tale si mostri, e invece egli si rivela per una variante positiva e saggia, più simile a un Gandalf che a un Saruman.
Veniamo ai difetti. Purtroppo ce ne sono:
– il romanzo appare superficiale e accennato, con alcune situazioni abbozzate (come la condizione della famiglia o l’evoluzione del villain di questa storia, il compagno che bullizza la protagonista e non solo) e alcune soluzioni non date (a cosa servono gli altri bottoni?, a chi è stata data in precedenza la scatola?, chi è in effetti Richard Farris?). Si tratta della prima volta che riscontro un simile difetto in un romanzo del Re.
– Inoltre, è davvero un romanzo (come è scritto in copertina) o non, piuttosto, un racconto lungo? Propendo per questa seconda ipotesi: caratteri molto grandi e capitoletti proprio brevi.
– Il titolo, infine, può trarre in inganno: per tutto il tempo in cui ho atteso di leggere il romanzo (ma anche una volta iniziato), ho fermamente creduto che la “scatola dei bottoni” fosse come quella di mia nonna, e cioè una scatola da cucito in cui tenere bottoni per sistemare camicie e pantaloni che ne fossero sprovvisti. Invece si tratta di una pulsantiera. Perché tradurre “button box” con “scatola dei bottoni” anziché con “scatola dei pulsanti”, come sarebbe stato più corretto? È indubbiamente un errore di traduzione.
Certo, a conti fatti ogni fedele lettore del Re potrà comunque affermare di essere stato rapito dalla sempre eccezionale sua capacità narrativa, ma a questo punto mi chiedo (senza sapermi dare una risposta) in cosa consista il contributo di Richard Chizmar, a mio umilissimo parere invisibile. E non sono del tutto convinto che questo vada a favore di Stephen King.