Oggi, Giornata della legalità, vorrei raccontarvi dove inizia secondo me la legalità. Certo, forse sarebbe più opportuno parlare di mafie, che ultimamente fanno capolino anche in territori insospettati (perfino a Verona ne è spuntata l’ombra); invece preferisco porre l’accento su un aspetto che credo sia fondamentale: lo sfondo civico che le rende possibili.
Ieri ero al supermercato. Dal momento che avevo numero 5 acquisti in mano, mi sono recato alla cassa veloce, quella che permette l’accesso a chi non possiede più di 10 acquisti. Davanti a me due ragazzi con numero 2 bottiglie in mano, e ancora prima un signore sulla sessantina con un carrello pieno di bottiglie d’acqua, di succhi di frutta e altro. Molte erano impacchettate, ma il numero totale dei colli era di una quindicina. Io lo guardo piuttosto infastidito. Ricontrollo il cartello che c’è sopra la cassa: sì, dice max 10 pezzi. I due ragazzi davanti a me si guardano e si dicono: “Questa è la cassa veloce, no?” ma non fanno altro. Quando la cassiera passa i prodotti del signore, lo guarda e gli dice: “Beh, tra i 10 e i 15 pezzi, sì”, lasciando intendere che il tizio l’aveva prima guardata come per chiederle se era nella cassa giusta.
Altra situazione: io a scuola, con i miei bambini. Quando li metto in fila, gli dico che devono rispettarla, la fila, e se c’è qualcuno che esce dalla fila, lo faccio mettere in fondo. Non devono attaccarsi con le mani sulle spalle del compagno davanti perché altrimenti, dico loro, rischiano di farlo cadere e se ne cade uno, domino effect. Quando vanno in bagno, gli spiego che devono mettersi in fila e stare un poco a distanza, che devono rispettare gli spazi degli altri, che non devono spingersi quando si lavano le mani. Quando qualcuno di loro dà una gomitata, anche solo per sbaglio, a un compagno, gli spiego – e le colleghe con me – che deve comunque chiedere scusa e assicurarsi che non gli abbia fatto male.
Credo che il messaggio sia chiaro, no? Forse quel signore alla cassa non ha ricevuto una simile educazione. O forse se l’è dimenticata. Perché non rispettare il cartello che indicava il numero massimo di pezzi? Però direi di più: forse ce la siamo dimenticata tutti, l’educazione. Perché se se l’è dimenticata quel tizio, se l’è dimenticata anche la cassiera che non lo ha rimandato alla cassa giusta, se la sono dimenticata i due ragazzi che non sono intervenuti e – dulcis in fundo – me la sono dimenticata io, che non sono riuscito a trasformare la mia irritazione nel giusto intervento che serviva.
L’educazione dimenticata era, in questo caso, quella civica, civile, che ci permette di vivere insieme nel modo più corretto possibile e che ci allena a dirigerci verso la legalità. Perché se fossimo tutti allenati in questo – ne sono certo – le mafie attecchirebbero molto meno.