Questo è più che altro un posto sulla descrizione, che è il corrispettivo romanzesco di un’ambientazione cinematografica. A tal riguardo, Hitchcock ha delle idee molto particolari, ma estremamente funzionali (come ogni altra cosa del suo cinema). Leggiamo un po’ a pagina 183 della famosa intervista di Truffaut (Il cinema secondo Hitchcock, Il saggiatore 2009):
Truffaut – A questo proposito, sto pensando a una cosa che costituisce probabilmente una regola nel suo lavoro. Lei dà la visione d’insieme di una scenografia solo nel momento più drammatico di una scena. Nal Caso Paradine, quando Gregory Peck se ne va, umiliato, lo si vede partire da molto lontano e, per la prima volta, si vede il tribunale per intero mentre ci siamo da cinquanta minuti. Nella Finestra sul cortile ha fatto vedere il cortile per intero solo quando la donna grida, dopo la morte del suo cane, e tutti gli inquilini si affacciano per vedere cosa sta succedendo.
Hitchcock – Il problema è sempre quello di scegliere la dimensione delle immagini in funzione degli scopi drammatici e dell’emozione; non si tratta soltanto dell’intenzione di far vedere la scenografia. L’altro giorno stavo girando uno spettacolo di un’ora per la televisione e si vedeva un uomo che entrava in un commissariato per costituirsi. All’inizio della scena, ho ripreso piuttosto da vicino l’uomo che entra, la porta che si richiude; egli si dirige verso una scrivania, ma non ho fatto vedere tutta la scenografia. Mi hanno detto: “Non vuole mostrare tutto il commissariato in modo che la gente sappia che ci si trova proprio in un commissariato?”. Ho risposto: “Perché? Abbiamo il sergente di polizia che ha tre gradi sul braccio e che si trova proprio vicino alla macchina da presa; è sufficiente per far capire che siamo in un commissariato. Il campo totale potrà essere molto utile in un momento drammatico, perché sciuparlo?”
È un concetto parallelo (nonché integrante) quello che aveva già espresso riguardo lo sfruttamento dei paesaggi dei luoghi in cui ambientava le sue storie. Leggo sul libretto Alfred Hitchcock, di Fabio Carlini, la seguente annotazione circa il concetto di INSEGUIMENTO:
“Nel 1936 ho adattato <<Ashenden>> da Somerset Maugham. Maugham, sapete?, faceva la spia a Ginevra durante la prima guerra mondiale. Scrisse <<Ashenden>> e lo ambientò in Svizzera. Io mi dissi: dal momento che tutto accade in Svizzera, vediamo un po’ che cosa hanno in Svizzera. Sarebbe interessante farlo vedere. Hanno il cioccolato al latte, hanno i laghi, hanno le Alpi, hanno le danze. Credo che se un film si svolge in un ambiente davvero speciale, è doveroso servirsi dell’ambiente in modo drammatico. Vale a dire, quando c’è movimento, bisogna domandarsi che cosa, in quel particolare ambiente, va nel senso di quel movimento. Se prevedi scene di movimento in un luogo preciso, non dovrai mostrare quel luogo semplicemente per avere una bella fotografia: dovrai utilizzarlo in modo drammatico.
Per quanto mi riguarda, ancora una volta mi ritrovo in queste parole di Hitchcock, sebbene abbia dovuto reimparare a sfruttare l’ambiente e il paesaggio in maniera ragionata a mie spese. Non tutto ciò che ti spiegano bravi editor va preso per oro colato. All’inizio, infatti, sebbene avessi una predisposizione nell’utilizzare solo quelle descrizioni strettamente necessarie all’ambientazione drammatica dell’azione, ero così sprovveduto e insicuro delle mie capacità, da affidarmi ai consigli di chi ne sapeva più di me. Di certo è stato un compromesso “professionale” che non rimpiango, ma questo sfociò nel lavorare a un testo della Faida dei Logontras (giusto per fare un esempio) al quale su richiesta del suo primo editore dovetti aggiungere parecchie descrizioni, perché secondo il suo gusto non ce n’erano quante ce ne dovevano essere in un fantasy. Il lavoro che mi sono ritrovato a fare adesso, prima di consegnare la Faida al nuovo editore (Edizioni PerSempre), è stato quello di liberare il testo da tutto ciò che è eccessivo e non funzionale alla drammaticità delle scene. Sapete, tutti questi rimaneggiamenti vengono notati da un bravo editore, e una delle frasi che Larcher (l’editore di Ed. PerSempre) mi ha detto quando ha preso in mano Il viaggio nel Masso Verde è stata: si nota che è stato ripassato parecchie volte.
Una descrizione dev’essere assolutamente funzionale. È un fantasy? Come, dite che un fantasy deve avere tante descrizioni? Sì e no. Le descrizioni dovranno essere in ogni caso piegate alla necessità del racconto e se una precisa descrizione di un ambiente in cui entra l’eroe sarà secondo voi non necessaria, sarà meglio toglierla. L’ambiente potrà essere descritto dalle azioni del personaggio o, meglio ancora, non descritto e lasciato all’immaginazione del lettore.