IT è un romanzo sconvolgente sotto parecchi punti di vista. Innanzitutto quello della lettura. Affrontare un tomone di 1230 pagine non è da poco. Normalmente sono veloce, ma questa volta ho iniziato l’8 agosto per terminare oggi. Come mai? Chissà, forse ha contribuito quel senso di nostalgia per il romanzo che stavo leggendo, sensazione che mi ha accompagnato fin da pagina 300 circa. Forse accade sempre così: ti rendi conto che stai leggendo qualcosa di grande quando ancora non sei in grado di dirlo a parole.
IT è un romanzo enorme, che non permette di essere avvicinato con i soliti parametri coi quali normalmente si giudicano i romanzi. Nell’arco di 1200 pagine, la storia si disperde, i particolari si accrescono, le azioni dei personaggi non sono più così necessariamente legate tra di loro. Quando, poi, ti viene il sospetto che la storia che accade nel romanzo sia la storia che stai leggendo, nel vero senso del termine, allora incominci a comprendere che ancora una volta Stephen King ha oltrepassato i limite. E quando, arrivando al termine, vedi che ogni cosa trova il suo preciso senso, hai la certezza di aver terminato di leggere un capolavoro.
Sì, ha oltrepassato i limiti, capace di creare qualcosa che travalica il senso della normalità narrativa, per istituire un legame tra i personaggi del romanzo e la storia che Mike Hanlon, uno dei protagonisti, ricostruisce, e ciò che accade nel lettore alla lettura delle loro azioni e il romanzo stesso che il lettore stringe tra le mani. IT è un mostro, IT è Derry (la cittadina nella quale si svolge il romanzo), IT è il romanzo fisico, reale, e infine IT è la storia dei ragazzi protagonisti, la loro storia d’infanzia che rischia di essere perduta, e che perciò dev’essere salvata per salvare se stessi. Il problema fondamentale dei protagonisti, però, è che è una storia d’orrore e non può essere ricordata (così come è difficile trattenere i ricordi dell’infanzia) sperando di rimanere integri anche da adulti. Per evitare che cada nel dimenticatoio una volta per sempre, viene consegnata ai lettori, nel romanzo reale.
Quante considerazioni si potrebbero fare su questo volumone, che forse meriterebbe un saggio a sé. Qui lascio solo alcuni lacerti di pensieri, nemmeno troppo ragionati.
– La memoria dell’infanzia è il primo importante tema che emerge da questo romanzo. E’ una memoria che rischia sempre di cadere nel baratro della dimenticanza, portandosi dietro il significato e il sapore di ciò che siamo e siamo stati, assieme ai mostri che in essa vivemmo.
– Il legame dell’amicizia, di più, delle anime. I sette protagonisti si uniscono col sangue, per suggellare un’amicizia fondata sul reale amore reciproco. Grazie a questo legame riescono a rievocare il passato dimenticato, riescono a superare qualunque problema (non senza conseguenze) e a combattere i mostri. Si tratta di un legame che funziona e agisce anche laddove sembri non essere più presente. Non è questa la fondamentale prerogativa di ogni grande amicizia dell’infanzia?
– La realtà come viene normalmente creduta non è altro che la risultante di un’interpretazione di ciò che è nascosto nel profondo del mondo, dell’universo. Realtà come superficie dipinta su una tela, come struttura costruita sulla tela di un ragno.
– Male come entità esistente da prima della comparsa dell’uomo e che modifica il mondo, il terreno, le abitudini, le vite, i rapporti, e dunque non solo frutto di scelte sbagliate. Male come conseguenza delle scelte sbagliate, ma anche scelte sbagliate come conseguenza della presenza del male. Un male entità che può agire solo attraverso la proiezione delle paure di chi ne subisce l’attacco: ognuno dei protagonisti immagina IT a suo modo, e quando lo affronteranno assieme, lo vedranno come un ragno. Ma si tratterà comunque di un’immagine collettiva, e non del suo vero essere (è luce che si modula).
– Cosmologia retrostante il romanzo: l’Altro, creatore di tutto, che ha creato la Tartaruga (creatrice del nostro universo e che a un certo punto muore) e IT, che è il male che abita i “pozzi neri” delle nostre paure.
– Infine, la bellezza poetica del racconto, che negli ultimi capitoli del romanzo è causa di un sospiro per ogni paragrafo, e alla fine provoca una commozione così profonda, da permettere al lettore di considerarsi parte del racconto.
Come se IT fosse, in realtà, la storia dell’infanzia di ognuno di noi.
Senti, siccome ammetto che non conosco ancora i libri di King (non uccidermi) non è che mi consiglieresti un suo libro autoconlusivo con cui iniziare. possibilmente non un tomone enorme O_O
Mhm… Il miglio verde, oppure Le notti di Salem. E non dire che sono tomoni: hanno solo tra le 400 e le 600 pagine, cioè una misura media nei romanzi di King 😀
Allora meglio procrastinare ancora per un po’ 😀
Ho iniziato a leggere IT due anni dopo averlo comprato. Non avevo il coraggio di affrontare 1200 pagine. L’ho finito in dieci giorni.
Per me resta il migliore tra quelli che ho letto.
Ciao Mirco.
Anche la mia è stata una lettura travagliata. L’ho iniziato ben due volte, fermandomi puntualmente a pagina 100. Non riuscivo a capire come mai fosse così prolisso e così poco ficcante. Alla terza volta ho compiuto un’azione propiziatoria: l’ho ricomprato in un’edizione diversa (ovvero, un po’ più grande dell’altro che avevo) 😀 e sono riuscito a leggerlo tutto, riuscendo anche a capire come mai fosse inizialmente così prolisso e poco ficcante 🙂
Questa cosa del cambio di edizione mi è capitata con Cime tempestose. Ho dovuto cambiare libro per finirlo e apprezzarlo
Spesso è la predisposizione personale a cambiare le cose