Vi segnalo questo articolo in due parti uscito su Medeaonline. Si parla di fantasy e dell’approccio alla narrazione a partire dal 1600, con Don Quixote, Faust e l’Abbazia di Northanger. Per palati forti, abituati a mettersi in discussione. Gli altri leggano i soliti articoletti su Tolkien e l’ovvietà.
Trovate qui la prima parte e qui la seconda parte. Poi fatemi sapere che ne pensate.
Innanzitutto, articoli ben fatti e interessanti.
In passato, come scritto negli articoli, il fantastico aveva una funzione; ora il fantastico è solo uno dei tanti mezzi per avere guadagno, non ha nessun altra funzione se non portare denaro all’editoria. Non c’è ricerca di messaggio, di creare una storia solida che sappia trasmettere qualcosa, ma ci si basa solo sulla capacità di creare utile. Questo per lo meno in Italia o per lo meno è quello che fanno le ce; non che le ce estere siano benefattrici, anche loro puntano al guadagno, ma lo fanno investendo su qualità e professionalità, basta vedere le saghe Malazan e della Folgoluce che, benché diverse tra loro, oltre a intrattenere hanno la capacità di trasmettere molti insegnamenti.
Personalmente, per quello che leggo e scrivo, è possibile credere nei miti, negli archetipi e soprattutto ritengo che il fantastico possa comunicare alla coscienza e trasmettere insegnamenti utili alla riflessione e alla crescita personale.
Vedi? Forse proprio pensare che trasmetta insegnamenti utili è ciò di cui parlo. Questo è il tipico atteggiamento nostro, dell’uomo contemporaneo, che tra benefici da ciò che vive. Un uomo di altre epoche, probabilmente, avrebbe semplicemente ritrovato il significato profondo e vero della storia del mondo nei racconti fantastici. 😀
Ci siamo tutti, in questa differenza, è la nostra caratteristica. Meglio esserne consapevoli piuttosto che averne le idee confuse. Così come non si può sostenere che la Bibbia o l’Iliade siano fantasy, altrettanto non possiamo sostenere che crediamo tout court nella narrativa fantastica che leggiamo. Che poi ci insegni e siamo capaci di lasciarci mutare da essa, è un ottimo segnale di umiltà e di apertura verso la narrazione fantastica, oggi così tanto criticata e tenuta a distanza dagli snob, soprattutto in Italia.
Ho sentito di chi ritiene Bibbia e Iliade Fantasy e l’ho sempre ritenuto un punto di vista un po’ strano e forzato (il primo rientra nei testi sacri/storici, il secondo in quelli mitologici); al massimo potrei ritenere la Divina Commedia appartenente a questo genere. Proprio parlando della Divina Commedia mi vien da dire che è il tipo di testo (non inteso come stile) che in ambito fantastico può insegnare al lettore, trasmettere delle figure, dei messaggi nei quali riconoscersi e accorgendosi di ciò, imparare.