Ci sono commenti ai tuoi romanzi capaci di mostrarti aspetti ai quali non pensavi mentre scrivevi. Come dire? Forse ci stava pensando la tua anima. La gestazione di una storia passa per un lungo periodo di inattività manuale durante il quale fai altro. La tua mente però lavora, come una Pastamatic capace di inglobare nella materia grezza, che tu hai preparato gettando le basi della storia, tutto ciò che ti ha formato come lettore, prima che come autore.
Una serie di commenti sta giungendo da un lettore che mi autorizza a pubblicarli, con un’unica richiesta: che io mantenga l’anonimato. Allora mi ha domandato di trasformare il suo nome in Grodestiano, cosa che ho fatto. Perciò ecco il commento di Sangivio di Grodestà a Il viaggio nel Masso Verde. Nel mondo di Stedon sarebbe con ogni probabilità un simpatizzante di Eus e del suo nome abbandonato. È anche grazie a commenti come quello che segue se sono stato in grado di modificare e riaggiustare il testo del romanzo per offrire la nuova e definitiva versione cartacea con Edizioni PerSempre. D’altronde, credo che uno scrittore debba sempre migliorarsi, e dal momento che Storia di Geshwa Olers è un romanzo in piena evoluzione (per lo meno fino a quando non sarà uscito il settimo volume cartaceo), le modifiche alla versione digitale sono sempre possibili. Dimenticavo, ringrazio tutti coloro che l’hanno scaricata da Feedbooks: al momento viaggiamo oltre i 15.000 download, verso i 16.000! Ecco il commento.
Dei quattro [Il viaggio nel Masso Verde, n.d.r.] è il volume che preferisco, al momento. È un libro magico. Quando ne hai letto la prima pagina, sei già caduto nell’incantesimo che ti costringerà a leggerlo fino in fondo. L’apertura con l’episodio di SobisLob è veramente efficace. L’unica cosa che non ho ben capito è come fa Asshar a cavarsela. In proposito c’è solo un accenno da parte di Eu-Ahalan ad Esfelerte, mi pare. Ma è una cosa che non si spiega mai.
Interessante anche l’espediente dei vari redattori e curatori dell’opera, dà al tutto un sapore a metà tra leggenda e storia. Mi piace. Una piccola nota, a questo proposito: quest’atmosfera mi sembra sia rotta poi da uno stile che è invece troppo moderno, secondo me. Il modo di esprimersi restituisce poco l’atmosfera delle leggende o anche del genere biografico-epico, specie quando si presentano i pensieri dei personaggi in modo diretto. Del resto, ho visto che nei volumi successivi queste irruzioni del narratore nella testa dei personaggi sono diminuite molto.
Un’altra nota storta mi sembrano gli scorci relativi alle attività di Eu-Ahlan. Non credo giovi molto alla trama, anche se ne capisco la funzionalità. Scoprire così presto il nemico lo rende già più familiare, incute meno timore, perché esce dalla sfera dell’ignoto.
Il tema del viaggio è uno dei miei preferiti, forse per questo mi ha appassionato molto, questo volume. Le descrizioni del Masso Verde sono bellissime. In particolare segnalo quello scorcio dei Giganti del silenzio: affascinante! Molto ben tratteggiato il rapporto di Geshwa con il padre, già da prima del viaggio e, naturalmente, anche durante. Lo stesso si può dire della madre. L’addio a Senfe è una di quelle cose che ti restano dentro, soprattutto perché si presagisce la tragedia.
Tra gli avvenimenti del viaggio è interessante la visita al Regno degli Gnomi. Però mi è sembrata un po’ artificiosa questa esplorazione di così tanti luoghi, prima che Geshwa venisse riacciuffato. Sembra quasi un pretesto per farci visitare il regno gnomico. Del resto anche nel terzo volume assistiamo ad una sorta di replica di questo episodio. Mi sono chiesto come mai indulgere così tanto su questi viaggi sotterranei.
Una trovata azzeccata è il folletto Harang: quella sì che ti tiene incollato al libro per parecchio e dà un tocco di mistero unico. Così come i testi antichi che vengono consultati, rivelando informazioni gustosissime sull’ambientazione. Questo stratagemma dei libri è per me l’esatto opposto dei pensieri in presa diretta.
Un altro appunto lo devo fare sull’episodio di Aissa Maissa. A me non è piaciuto molto, non so dirti perché. Ho gradito molto più la prima parte dell’episodio, quello legato all’orco. So che invece è una delle tue parti preferite, perciò non aggiungo altro, è solo questione di un mio gusto personale.
Andiamo alla seconda parte: decisamente diversa. Il romanzo è proprio diviso in due. Secondo me c’è un calo di tono, specie dopo la notizia del disastro di Senfe. Il tema migliore lì sviluppato rimane l’inspiegabile abbandono da parte di Sitor. È ciò che tiene maggiormente alto il livello del racconto. Interessanti sono i Gelehor, specie quando si scopre che Geshwa li aveva già incontrati in precedenza: da brivido! Però mi è sembrata troppo facile la risoluzione del conflitto finale, specie con il Mago. L’anguana è una specie di Deus ex machina. Mi pare di capire però che c’è un motivo a tutto ciò: le ultime parole di Onofererne al termine del IV volume sembrano riaprire la partita. È solo un’impressione.
La menzione esplicita di Eus e di un culto a lui legato all’inizio mi hanno fatto arricciare il naso. Ma in questo gioca molto la mia dipendenza forte da Tolkien. Nel corso dei volumi ho imparato a conviverci, e alla fine ad apprezzarla per quel che riguarda i due eremiti dello Shangil. Ma ti dirò magari in seguito.
Mi fermo qui, perché ho già riempito una pagina e altrimenti finisco per commentare riga per riga.
Come vedete, non è un commento del tutto positivo, ma non mi faccio problemi a pubblicarlo per intero (come già accaduto in passato per altre recensioni e commenti). La questione è: può un commento simile essere utile? La risposta è affermativa, perché si tratta di parole seguite a una riflessione attenta e puntuale, capaci di darmi indicazioni (assieme a tanti altri commenti) sulla via di un miglioramento.
Al prossimo commento di Sangivio di Grodestà, riguardante La faida dei Logontras. Se qualcun altro avesse il desiderio di veder pubblicato il proprio commento, non ha che da inviarmelo scrivendo a valenza.fabrizio@gmail.com.