Antonia Romagnoli, la nota autrice fantasy di Piacenza, rende omaggio a Vittorio Curtoni, amico e mentore.
Vittorio Curtoni, un grande uomo e un grande letterato, ci ha lasciati ieri improvvisamente e non posso non dedicare a lui un pensiero.
Quando, alcune settimane fa, la redazione (de La Cronaca di Piacenza, n.d.R.) mi ha passato l’ultimo libro di Dadati, Piccolo Testamento, mi aveva colpito leggere il nome “Vittorio” dato dall’autore a un personaggio che segna la vita del protagonista. In quelle pagine, in cui si dipana una lunga notte di fantasmi del passato, non riuscivo a non trovare analogie fra il rapporto protagonista-Vittorio e la mia storia, segnata dall’incontro con Curtoni. Quel libro, lo sentivo confusamente, poteva essere un segnale per me, che non avrei fatto in tempo, a furia di rimandare, a dire al “mio” Vittorio quanto sia stato importante. Anche in quel libro, infatti, questo mentore tornava come ombra, nei ricordi e nella fantasia, coinvolgendo il lettore nel dramma di una scomparsa recente e non ancora accettata.
Oggi Piacenza ricorda Vittorio Curtoni per la sua attività letteraria, per il suo appassionato lavoro di redattore, di scrittore, di traduttore, ma voglio raccontare anch’io la mia piccola storia, quella che non ho potuto, per motivi di spazio, scrivere per il giornale. Vittorio Curtoni è stato per me l’incontro che non si dimentica.
Agli inizi del mio tentativo di diventare scrittrice, ignara del mondo editoriale e delle leggi del mercato, come tanti altri esordienti ho cominciato a partecipare a concorsi. Non tanti, giusto due, e uno di questi era il Premio Galassia, che si tiene proprio nella mia città. Fantascienza ne avevo scritta, decisi di mandare ROITER. Arrivai in finale, ma non vinsi. Non vinsi il premio, ma al termine della premiazione Vittorio Curtroni, per me come una popstar, mi chiese di fermarmi un attimo. Non dico il tremore, l’emozione, quando, con i suoi modi sbrigativi, mi disse che il racconto a lui era piaciuto e che intendeva ugualmente pubblicarlo su Robot.
Non è facile descrivere che cosa abbia significato per me che un grande come lui avesse fiducia nel mio racconto, nel mio modo di scrivere. Fu una scintilla, qualcosa che mi spinse a proseguire, a credere di più in me. Qualche anno dopo, mi presentava ai suoi amici come “una scrittrice che ho scoperto io”. Ed era vero, perchè senza i suoi input avrei mollato molto prima. Non avrei lottato per entrare in quel mondo che adesso è la mia croce e delizia.
Fu Vittorio, un pomeriggio, a invitarmi a una presentazione. Sapeva che scrivevo per Cronaca e aveva una chicca per me: la presentazione di un’antologia noir, a cui avrebbe presenziato anche Alan D. Altieri. E lì, mi presentò una marea di scrittori, tutti molto compresi nel loro ruolo e per nulla interessati a parlare con la piccola giornalista imbranata. L’editrice, invece, fu molto cordiale, disponibile, gentile. Forse lo avrete capito, ora è diventata la mia editrice (Edizioni Domino di Solange Mela, n.d.R.), una delle mie amiche più care, una delle persone che fanno parte seriamente della mia vita. Questo incontro lo devo a Vittorio, al suo modo semplice di creare contatti fra le persone, preferendo sempre abbinare la letteratura, quella vera, a un buon bicchiere di vino invece che alle chiacchiere pompose da dietro una scrivania. Sempre Vittorio fu galeotto letterario nel presentarmi Dario Tonani, che con il suo Infect@ e con i romanzi seguenti ha riaperto le porte alla grande fantascienza italiana e che considero un amico, pur intimidita dalla sua carriera eccezionale.
A Vittorio devo molto, anche adesso che mi ha permesso di ricordare in un momento di vuoto mentale totale chi ero, chi sono e che cosa voglio. Una delle cose che voglio è essere all’altezza delle sue aspettative, imparare a non buttare via la mia capacità di scrivere e di usarla per dire qualcosa. E’ un dovere per ogni autore trasmettere messaggi importanti a chi legge, non si può giocare al testo ben scritto se dietro non c’è il cuore, la volontà, il lavoro interiore.
C’è un mondo intero da raccontare e Vittorio lo sapeva bene, perchè lui la vita la viveva con una coscienza unica, per quanto sempre velata da un’amarezza, un’ironia caustica che sapeva spiazzare e smuovere le persone.
Grazie, Vic.