Se c’è una cosa che non capisco è come, ogni volta che c’è un attentato in Europa o nel mondo occidentalizzato, si scateni la polemica (inutile e a volte dannosa) su Facebook e social networks circa la religione, le religioni e i suoi adepti. Di più: circola un hashtag, #prayforparis, e c’è chi critica dicendo: “preghiere? Non ne abbiamo già avute abbastanza?”, come per dire che il vero problema della questione sia proprio la religione, la fede e i credenti.
Mi chiedo se si possa ancora applicare la ragione, in questi casi, perché è proprio la ragione che ci aiuta a capire anche la dimensione della fede, della sua necessaria esistenza, non solo: anche l’esistenza della religione e la sua necessità. Invocare la fine delle religioni è cosa del tutto assurda, e non perché io voglio credere in un dio o in un Dio: questo è fatto personale, che attiene alla mie fede personale. È assurdo perché vuol dire credere che l’essere umano possa divenire qualcosa di profondamente diverso da se stesso. Nossignori, l’essere umano crede, in larga parte, e perciò crea religioni. Un dato di fatto che mai cesserà.
Ma quanto più mi deprime è vedere che partono sempre gli stessi meccanismi, in questi casi. Alcune esclamazioni su tutte (sempre le stesse, sempre):
- Dio non esiste
- Uccidono per qualcosa che non esiste
- Stanno facendo a noi quello che noi abbiamo fatto a loro
- È solo il frutto delle nostre azioni
- Cattivo Occidente cattivo
- Cattivo Islam cattivo
- Cattivo Papa-Francesco-che-parla-di-terza-guerra-mondiale-strisciante cattivo.
Vogliamo usare la ragione, che sviluppiamo secondo logica da 2500 anni a questa parte? Ma usiamola nel modo più corretto: senza negare un dato fondamentale dell’essere umano. Non la sua fede, bensì la sua religiosità. Sarebbe come dire: faccio a meno di un piede. Mi va bene tutto il corpo, ma il piede, proprio, ne faccio a meno.
Potevo anche starmene zitto, in questa giornata, perché spesso si fa meglio a tacere piuttosto che a parlare, ma davvero non ce l’ho fatta. Avrei voluto rispondere a chi critica la preghiera e il suo senso che, in realtà, francamente me ne prego. E prego non solo per me, ma anche per i morti, sia vittime che carnefici, anzi, forse soprattutto per questi ultimi, dal momento che hanno scelto una strada dannatamente insensata.
Dannatamente. Insensata. Due parole chiave.