Dieci anni fa, per scrivere una lettera dovevamo prendere carta e penna, stendere i nostri pensieri avendo a disposizione un bel po’ di tempo per pensare a ciò che si scriveva, dopodiché si prendeva una busta, si infilava la lettera, si leccava il bordo e si acquistava il francobollo, il che permetteva di spedire la lettera al destinatario (e solo a quello). La risposta, se arrivava, giungeva nell’arco di qualche giorno. Forse una settimana o più. Adesso, invece, basta scrivere ciò che passa per la testa senza averci pensato troppo (nella maggior parte dei casi) e fare un clic. Spesso si rischia di ricevere una risposta mentre stai scrivendo la tua, se si è in chat. Oltre alla risposta tanto attesa, arrivano in contemporanea decine di altre mail o di brevi messaggi. In particolar modo, non si pensa più se sia il caso o no di inviare il messaggio.
Dieci anni fa, per scrivere e pubblicare un romanzo bisognava prendere una macchina da scrivere (i computer non erano, in realtà, ancora così utilizzati come oggi) e fare una prima stesura utilizzando circa 400 cartelle per un romanzo previsto in 300 pagine, dopodiché la si doveva rileggere segnando a penna o a matita gli errori e le modifiche e, quindi, ricopiare per fare una nuova stesura. Anche se si utilizzava il computer, questo facilitava comunque la prima fase del lavoro di uno scrittore (che magari si ritrovava con 300 pagine dattiloscritte per una previsione di stampa di 500 pagine di romanzo), e per arrivare alla pubblicazione si dovevano stampare diverse copie del manoscritto, fare una selezione di case editrici, e inviarle con ingente spesa, previa telefonata per accertarsi di fare cosa giusta. La risposta, se arrivava, giungeva dopo sei mesi o un anno. Adesso, purtroppo, tutto il processo è molto più veloce e frettoloso, oltre che raffazzonato. La fase di ricerca e proposta avviene senza ben ponderare le proprie mosse, e si corre il rischio di sprecare le proprie carte per una giocata che non sa tener conto della naturale pazienza che contraddistingue uno scrittore. Chi pubblica, oggi spesso lo fa da un mese all’altro, dopo aver trovato editori che propongono un bel contratto a pagamento. Dimenticavo! Dieci anni fa esistevano soprattutto editori che si impegnavano a diffondere il libro, oggi esistono soprattutto editori che si impegnano a guadagnare dal libro (e, possibilmente, dal suo autore). Questo grazie a internet.
Dieci anni fa, chi aveva un lavoro d’ufficio lo faceva solitamente di giorno, in un orario prestabilito e ben definito, che non permetteva di sforare. Oggi, se ti svegli di notte e hai uno smartphone acceso sul comodino, ti vien voglia di guardare la posta e vedi una mail che ritieni importante, rispondi nel cuore della notte. Di fatto, lavori fuori orario.
Dieci anni fa, se conoscevi l’amore della tua vita (concedetemi un po’ di romanticismo) lo facevi a una festa o nella situazione più impensata, e quando andavi a letto la sera o ti svegliavi di mattina non vedevi l’ora di incontrarlo per tornare a respirare. Oggi, c’è la possibilità di conoscersi per chat e parlare per sms, litigare a causa del fraintendimento di un messaggio scritto male e in fretta, e lasciarsi grazie a una mail. Vantaggio o svantaggio?
Permettetemi di dirlo, mi sento molto novecentesco (forse addirittura ottocentesco), perché se c’è una cosa che sopporto sempre meno è questo nostro contemporaneo mondo che incombe.
mmmmmmmmmmm
Perchè non converti queste meditazioni in un racconto o nello spunto per un libro. Magari un thriller, con viaggi nel tempo.
Per quanto riguarda le nuove tecnologie, credo che dipenda molto da come uno le vede e decide di usarle. Personalmente faccio sempre in modo che siano loro a piegarsi alle mie esigenze, e cerco di non lasciarmi incantare troppo. Una volta Antonia diceva che internet è solo un modo per sentirsi più soli. Per certi versi la capisco. Ma è anche vero che per esempio i tuoi libri li ho conosciuti grazie a internet. E tutto il resto lo cestino volentieri. Non ho un blog, facebook. Mi sono fatto un account youtube per postare i booktrailer che ho fatto, ma le mail che mi arrivano non mi prendo neanche la briga di leggerle.
Purtroppo non posso fare lo stesso. Internet è utilissimo per un inizio di autopromozione, ma poi diventa un mezzo incubo. Ne farei volentieri, se solo potessi. E visto che “volere è potere”, probabilmente non voglio.
Nel tuo caso però devi considerare l’esigenza di comunicare. Almeno credo. Penso che una persona sensibile, che ha dentro qualcosa da dare agli altri, senta in qualche modo la necessità di vedere almeno da qualcuno riconosciuto il proprio talento.
Comunque se vuoi potrei raddoppiare i miei commenti-richieste e mail. Così l’incubo diventa completo.
Oops, ho scritto “ne farei volentieri” senza aggiungere “a meno”…
Sì, Iri, quello che dici è giusto, ma la via normale per uno scrittore dovrebbe essere ciò che scrive, qualcuno vende e altri leggono. Se il processo viene quasi totalmente assorbito dall’autore (grazie alle infinite possibilità di internet), qualcosa non va.
Quanto alla tua proposta demenziale, ti faccio notare solo una cosa: TU SEI GIà UN INCUBO!!!! 🙂